Home Blog Pagina 90

Heidelberg Versafire potenzia il reparto digitale di Tipografia ALA

da destra Marco Bellini, titolare Tipografia ALA l’operatore macchina Giovanni de Martini

Tipografia ALA, storica azienda a conduzione familiare di Arona (No), investe in una Heidelberg Versafire EV. Una scelta che si iscrive nel continuo rinnovamento tecnologico di una delle aziende più attive nel settore della stampa nel territorio di Novara e del Verbano.

Heidelberg Versafire EV va a potenziare il reparto digitale per la produzione di ogni genere di stampato commerciale, dalle brochure alle locandine, dai calendari alle buste.

«L’acquisto di una Heidelberg Versafire è un investimento fortemente voluto che integra altri investimenti tecnologici di ultima generazione per permetterci di proporre alla nostra clientela una altissima qualità di stampa per le medio-piccole tirature», affermano Ilaria e Marco Bellini, titolari dell’azienda. Tipografia ALA è sempre alla ricerca di nuove soluzioni e nuovi materiali, dalle carte speciali ai supporti sintetici. Inoltre vanta una lunga esperienza anche nel reparto prestampa così da aiutare i suoi clienti nella realizzazione dei loghi aziendali, nella pubblicità e nella comunicazione. «La nostra mission è quella di aiutare i nostri clienti a crescere, comunicando per loro in modo originale, emozionante, accattivante e sempre in maniera molto professionale», aggiungono i fratelli Bellini. «In quest’ottica la flessibilità della digitale Versafire EV di Heidelberg rende la produzione molto veloce senza perdere in qualità su una varietà molto ampia di supporti stampabili: buste, martellati, metallici, magnetici, sintetici, copiativi, idrorepellenti», commenta Massimo Nicolini di Heidelberg Italia.

Riparte Fedrigoni Top Award, il premio per le migliori creazioni su carte e materiali autoadesivi del Gruppo

Una fucina di idee e di suggestioni, un laboratorio di soluzioni che elevano la creatività e le danno vita concreta in bellissimi manufatti, un’occasione di confronto internazionale per  le realizzazioni più interessanti e innovative nel packaging, nella corporate communication, nella grafica, nell’editoria e – da quest’anno – nella large format communication (personalizzazioni con carta e materiali autoadesivi nei più diversi campi, dall’advertising alla brand communication su mezzi di trasporto o edifici, dai grandi eventi e fiere alla segnaletica di servizio), che dal luglio 2020 al gennaio 2022 abbiano utilizzato come supporto carta, etichette e materiali autoadesivi del Gruppo Fedrigoni.

È il Fedrigoni Top Award 2022, tredicesima edizione, che ci si attende partecipatissima da designer, stampatori, editori, brand owner e clienti finali, come lo sono state le precedenti. All’ultima, conclusasi a luglio con la proclamazione di 18 vincitori e l’esposizione delle 50 creazioni più interessanti all’ADI Museum di Milano, inserite anche in un prezioso catalogo internazionale, hanno partecipato oltre 1.100 progetti provenienti da 32 Paesi, presentati da più di 600 operatori.

Cifre che testimoniano la grande attenzione del settore, destinata ad aumentare con le novità della prossima edizione: a partire dal maggiore focus sull’evento finale, a Parigi nell’autunno 2022, che coinciderà con l’inaugurazione di una mostra e dove saranno esposti ben 80 tra i migliori progetti pervenuti, mentre i vincitori, proclamati in quella sede, verranno coinvolti nei due giorni di approfondimento con interviste, tavole rotonde e talk dei giurati internazionali, workshop. Ma non basta: oltre alla quinta categoria in concorso, Fedrigoni Top Award 2022 pone l’accento sulla sostenibilità. Insieme all’originalità grafica, alla funzionalità, al grado di innovazione, all’accuratezza di esecuzione e all’uso appropriato dei materiali, la giuria dovrà tenere conto anche della sostenibilità del progetto, considerandone tutto il ciclo di vita, inclusa la qualità della comunicazione al consumatore sugli aspetti green. Per candidarsi visitare il sito www.fedrigonitopaward.com e inviare l’iscrizione entro il 31 gennaio 2022.

“L’amore per il lavoro ben fatto, che sia un piccolo libro per diffusione privata, un’etichetta per il vino o una conserva gourmet, un astuccio per un cosmetico, una shopper bag o una scatola da tè, è la costante in tutti i lavori che riceviamo – commenta Chiara Medioli Fedrigoni, Chief Sustainability and Communication Officer del Gruppo Fedrigoni -.Celebriamo l’impegno arduo, il design e l’espressività di chi utilizza carte e materiali autoadesivi Fedrigoni: anno dopo anno, l’Award è un’occasione per fondere creatività e sperimentazione, cultura e tecnologia, dando lustro alle eccellenze e confermando il ruolo della carta e delle etichette come strumento di design, a partire dalle sempre maggiori esigenze di sostenibilità del packaging. Le centinaia di proposte di qualità che arrivano da ogni parte del mondo permettono di fare il punto sullo stato dell’arte, ma anche di capire quale direzione si stia prendendo e come contribuire al cambiamento. Anche noi di Fedrigoni intendiamo fare la nostra parte, supportando tutti i clienti a migliorare ed elevare i loro brand, come vuole la nostra mission ‘Elevating Creativity’”.

Cinque le categorie in concorso: Publishing, dedicata a Gianfranco Fedrigoni, che comprende volumi, riviste, edizioni d’arte; Corporate Communication, che va dai cataloghi di prodotti e servizi ai coordinati grafici, dai calendari ai diari, alla regalistica di cartotecnica; Labels, riservata a etichette di vini, liquori, alimenti di alta gamma (selezione speciale Manter); Packaging, cioè scatole, astucci, shopping bag, espositori da banco e contenitori rivestiti; e la nuova Large Format Communication, ossia la personalizzazione, attraverso carta e materiale autoadesivo, di progetti di visual communication, di edifici, mezzi di trasporto, mostre ed eventi, etc.

Da Durst i modelli “i” della serie Rho 2500 per produzioni industriali

Durst Group amplia la serie Rho 2500 con l’introduzione di due nuovi modelli: Rho 2500 i e Rho 2500 HS i, destinati a sostituire gli apprezzati sistemi Rho 1312 e Rho 1330.

Progettata per soddisfare esigenze di stampa digitale industriale che richiedono elevata produttività come segnaletica, packaging su cartone ondulato e interior decoration, la serie Rho 2500 è stata lanciata con successo nel 2019. A distanza di due anni si presenta ora con un design rinnovato e una risoluzione incrementata fino a 1000 dpi e gocce da 8 pl, per una qualità di stampa ancor più fine art. Il tutto mantenendo inalterata l’elevata produttività fino a 1.120 mq/h. Basata su un concept modulare, la serie Rho 2500 è disponibile in tre differenti configurazioni di testine di stampa, upgradabili in qualsiasi momento a seconda della produttività richiesta: configurazione iniziale su sei file per il modello S, otto file per il modello Rho 2500 M e dieci per Rho 2500 L.

Le nuove Rho 2500 i (abbreviazione di ‘industrial’) e Rho 2500 HS i sono progettate specificatamente per applicazioni in ambienti industriali come il settore della decorazione del legno, l’arredamento di interni, il packaging in cartone ondulato e gli espositori. In particolare, il modello HS (High Speed) può raggiungere una produttività massima di 1.250 mq/h e una capacità produttiva in qualità di 600 – 800 mq.

Tutte le versioni di Rho 2500 possono essere equipaggiate con il sistema di full automation Multiflex, altamente produttivo che raggiunge una capacità massima di carico e scarico di 380 pannelli/ora. Multiflex può essere configurato anche per una produzione solo parzialmente automatizzata (3/4 automation). Inoltre, tutti i modelli della serie Rho 2500 sono dotati del software di monitoraggio Durst Analytics e vengono gestiti dal software di gestione Durst Workflow, su richiesta del cliente. Tra le opzioni disponibili anche il colore bianco, la modalità di stampa a doppia fila (dual track), un sistema di identificazione del canale nel quale effettuare la ricarica d’inchiostro che previene possibili errori, come pure la telecamera di controllo della fase di stampa. Il sistema opzionale di stampaGradual Flow permette di ottenere livelli di brillantezza molto elevati su vari supporti fino a 125 cm di lunghezza, tra cui anche il cartone. Disponibile per tutti i tre modelli della serie Rho 2500 la funzione di guide automatiche in doppia fila, che assicura la planarità del cartone ondulato e permette di passare da una larghezza materiale all’altra molto rapidamente, aumentando l’efficienza del ciclo di produzione.

“La serie Rho 2500 è sicuramente una tra le storie di successo di Durst, non solo in termini di feedback dei clienti e di vendite, ma anche per aver ricevuto nel 2020 il prestigioso premio EDP come prodotto dell’anno”, afferma Andrea Riccardi, head of product management, Large Format Printing di Durst Group.

Sodai Art, il progetto di Sodai e Haltadefinizione, unisce design e arte in modo inedito

Dieci capolavori della Pinacoteca di Brera diventano contesti visivi per allestire ambienti di grande suggestione con Sodai Art, il progetto realizzato da Sodai, azienda made in Italy posizionata nel mercato internazionale dell’interior design, in collaborazione con Haltadefinizione, tech company della casa editrice Franco Cosimo Panini, su concessione della Pinacoteca di Brera.

Sodai Art è stato presentato alla Downtown Design di Dubai, la fiera internazionale dedicata al design innovativo di alta qualità.

I dieci capolavori del museo milanese potranno essere riprodotti su ceramica attraverso gigantografie straordinarie per esaltare i più bei dettagli delle opere. Sodai Art propone un linguaggio nuovo e attuale che parte dall’opera per arrivare a molteplici interpretazioni, tante quante i numerosi particolari svelati in un prodotto fatto su misura per il cliente: dal soggetto, al dettaglio, al supporto.

Tra le opere ci sono ritratti privati, scene quotidiane, opere di carattere religioso e paesaggistico; il catalogo di Sodai Art prevede un’ampia scelta che spazia dal moderno al contemporaneo: dalla Pala di Montefeltro di Piero della Francesca allo Sposalizio della Vergine di Raffaello, alla grande tavola con raffigurata la Predica di San Marco di Gentile Bellini e il Ritratto di Antonio Porcia di Tiziano.

Il ’600 è rappresentato da Caravaggio, maestro indiscusso del chiaro scuro, con la Cena di Emmaus, mentre il ’700 dalla Veduta del bacino del Canal Grande verso Punta la Dogana del Canaletto. Il Romanticismo ha come protagonista l’iconico Bacio di Hayez e l’Episodio della battaglia di Custoza di Fattori. Infine, per le avanguardie del ’900 la futurista Rissa in Galleria di Boccioni e l’Enfant Gras di Modigliani.

Tutte le opere sono state acquisite da Haltadefinizione con tecnologia gigapixel presso la Pinacoteca di Brera.
L’innovativa tecnica fotografica consente di ottenere immagini dotate di definizione, qualità e dettaglio non raggiungibili con altre tecniche di acquisizione. Centinaia, a volte migliaia di scatti fotografici con un alto livello di ingrandimento di dettagli di un unico soggetto vengono “cuciti” insieme; il risultato finale è l’immagine di un’opera composta da miliardi di pixel, che consente di ingrandire ogni singolo dettaglio decine di volte, mantenendo una definizione altissima e consentendo la visione di elementi altrimenti invisibili ad occhio nudo. È grazie a queste caratteristiche che le immagini in gigapixel possono essere adattate a superfici di grandi dimensioni senza perdere in qualità.

Ogni spazio ha caratteristiche proprie e una personalità specifica, l’impegno di Sodai nell’innovazione e nella creatività esplosiva volta all’esaltazione dell’estetica dell’abitare, combinata alle immagini in altissima definizione e alla loro possibilità di essere ingrandite senza mai perdere la nitidezza e la fedeltà dell’originale, diventa un rivestimento di alta qualità e dà vita a soluzioni ideali per vestire idee di spazio innovative.

“Le immagini in gigapixel di Haltadefinizione possono essere adattate a qualunque necessità di allestimento. Anche i quadri di dimensioni ridotte, grazie all’altissima definizione, possono essere ingranditi ed essere utilizzati per fondali, pareti scenografiche, allestimenti sofisticati e proiezioni dinamiche” afferma Luca Ponzio, fondatore della tech company, “dagli elementi d’arredo più prestigiosi alle finiture più elaborate, il progetto realizzato con Sodai permette di realizzare un’infinità di progetti personalizzati e offrire infiniti spunti per l’arredamento e lo styling di spazi commerciali e privati”

HP: la sostenibilità in tutti i suoi dettagli

Nella stampa di oggi la consapevolezza ambientale non riguarda solo i prodotti finiti, ma anche i processi di produzione, la sicurezza sul lavoro, il benessere delle persone e la tutela dell’ambiente. Parola di HP, pioniere del tema.

Oggi tutti parlano di sostenibilità, HP lo fa da più di tre lustri, largamente anticipando una sensibilità e un’esigenza oggi divenuta comune nel mondo della stampa e non solo. Dal 2008, infatti, quando lanciò la prima generazione della tecnologia Latex, HP sta puntando notevolmente sul tema della stampa sostenibile, specialmente per quanto riguarda la grafica da esterni. «Siamo stati dei veri pionieri, in un mercato che in quel momento era costituito da prodotti a base solvente ed eco-solvente», ricorda Roberto Giorgio, regional business manager. «Progressivamente la sensibilità è aumentata molto sul tema, perché ci si è resi conto che l’ambiente non lo si può né ricomprare né rigenerare».
Grazie alla lunga esperienza sin qui maturata, in virtù di una partenza anticipata rispetto agli altri attori, il vantaggio competitivo di HP oggi si manifesta sia sotto il profilo della tecnologia sia delle competenze. «La consapevolezza verso tematiche ambientali e sociali è nel nostro DNA», rimarca Giorgio. «Nel 2020 siamo stati riconosciuti tra le cento aziende più sostenibili in tutto il mondo».

Roberto Giorgio, regional business manager HP

Oggi HP è arrivata alla quarta generazione della tecnologia Latex, che consente di perfezionare sempre di più gli aspetti legati alla sostenibilità, oltre a migliorare gli elementi di qualità dei processi e dei prodotti. «Siamo sempre più compliant perché siamo andati a ridurre l’utilizzo della plastica, un impegno che stiamo portando avanti su tutti i prodotti. L’esempio classico è la cartuccia di inchiostro ora fatta di cartone, anziché di plastica. Quindi, la maggior parte dei componenti sono riciclabili», segnala Giorgio.
Inoltre, HP sta lavorando con il massimo impegno sui processi di produzione, degni della massima attenzione, nell’ottica di una piena sostenibilità. «Ecologico non è solo il fatto di avere una stampa che non rilascia odore ed emissioni nocive, ma in realtà è un intero processo, che parte dalla produzione della stampante, della cartuccia, dell’inchiostro, della stampa e arriva, infine, al prodotto finito. Sostenibile significa, ancora, considerare gli impatti delle macchine di produzione sulle persone che vi lavorano accanto o entrano in contatto con certi prodotti. Sostenibilità, infatti, è anche sicurezza nel mondo del lavoro e benessere delle persone, oltreché, naturalmente, la tutela dell’ambiente».

Cosa vuole e cosa dare al cliente

Gli argomenti legati alla consapevolezza ambientale e sociale stanno diventando sempre più importanti per gli stessi end user, sempre più decisi a valutare la sostenibilità del processo di produzione nel suo insieme, esigendo spesso certificazioni molto rigide. «Non solo richiedono prodotti riciclabili, ma, per un grande numero di realtà, già oggi sostenibili devono essere anche i processi che li realizzano. Perciò, come società, informiamo puntualmente i nostri clienti su tali opportunità e su come differenziarsi dagli altri», assicura Giorgio.
A tal proposito, solo in questo ultimo periodo, HP ha organizzato diversi webinar gestiti dal centro di sviluppo di Barcellona, mirati ai clienti europei e dedicati al tema della sostenibilità come valore. «Allo stesso tempo abbiamo creato il programma EcoSolutions, dedicato ai clienti con tecnologia Latex e caratterizzato da un livello base ed uno avanzato focalizzato sulle macchine industriali. L’iniziativa mira a fare capire ai nostri clienti stampatori la differenza garantita dai nostri prodotti».
Un impegno analogo è profuso verso i clienti finali, ovvero i brand che richiedono le stampe, per diffondere anche tra di loro la cultura e la conoscenza sul tema della sostenibilità dei processi, oltre che dell’applicazione finale. «Ricordiamo il ruolo delle certificazioni, che non riguardano solo il rilascio di sostanze nell’ambiente, ma anche tutto ciò che vi è dietro. Per esempio, la certificazione VDI 3882, ancora poco nota, va a misurare la percezione degli odori: nel nostro caso, essa attesta che le nostre stampe sono neutre, ovvero non producono odori sgradevoli e non modificano la componente del supporto, rispettando le caratteristiche della materia».
A tutto ciò si aggiunge ancora, da parte di HP, dettaglio dopo dettaglio, un ulteriore elemento in ottica di eco-consapevolezza: la possibilità di riciclo del materiale stampato. «Per essere sostenibili, oggi, è necessario progettare un prodotto considerandone l’impatto ambientale dal momento della sua creazione, valutando fin dalla sua concezione le possibilità di riciclo e di riutilizzo. Con la tecnologia Latex, il prodotto è riciclabile al 100 per cento e lo attestiamo attraverso un apposito certificato», rimarca Giorgio.

Applicazioni per ogni settore

Grazie alle frontiere aperte dal green, gli stampatori oggi possono ampliare la propria offerta di applicazioni, soddisfacendo grandi e “piccole” richieste. «In termini di volumi, gli stampatori continueranno a realizzare applicazioni per esterni come banner, vinili e poster», illustra Giorgio. «Poi vi è la gamma di prodotti per interni come carte da parati, tessuti, tende, divani ed eco-pelle, in forte crescita grazie alle possibilità offerte dal digitale. Infine, vi è tutta la parte legata alla personalizzazione in piccole quantità, come scatole in legno per il vino, esplorando un settore di alta qualità con applicazioni inodori e riciclabili».
La generazione 4 della tecnologia Latex ha aperto una ulteriore breccia, grazie alla sua possibilità certificata di stampare sui giocattoli. «Tante applicazioni, che prima non si potevano produrre, se non al massimo in parte, ora sono pienamente realizzabili».
Nel suo insieme, lo scenario applicativo descritto da Giorgio rappresenta indubbiamente una costellazione di opportunità da cogliere, alla luce dell’attuale scenario di mercato favorevole. «In questo momento si è tornati al periodo pre-Covid-19 in termini di volumi di stampa e sono ripartite le fiere, preziosi momenti di incontro e confronto». Consentendo di realizzare più tipologie di applicazioni e di diversificare l’offerta, in realtà le stampanti Latex di HP hanno supportato al meglio gli stampatori anche durante il periodo di lockdown. «Ora, utilizzando le medesime macchine, possono agganciare la ripresa aggiungendo la proposta di applicazioni innovative».
Peraltro, la generazione 4 della tecnologia Latex è impreziosita dall’introduzione del colore bianco lucido e neutro, che non ingiallisce nel tempo, una caratteristica che ha convinto anche quei clienti che, fino a ieri, «stavano sulla porta a guardare», riprendendo un’espressione dello stesso Giorgio. «Proponiamo un inchiostro bianco facile da utilizzare, poiché l’utente non è obbligato a utilizzarlo sempre e può mettere le teste di stampa in sicurezza, in modo tale da non dovere fare manutenzioni specifiche per ripristinarlo». Similmente, anche l’inchiostro neutro over coating, utile per dare più resistenza ai graffi, è ora disponibile a parte, per un suo dosaggio assolutamente libero da parte dello stampatore.
Oltre a garantire più qualità, la generazione 4 abbraccia con ancora più convinzione il tema della sostenibilità, con una riduzione del 40 per cento della temperatura necessaria per asciugare, mediante un apposito sistema di ventilazione, l’inchiostro Latex sul supporto. «Ciò rappresenta un vantaggio per i consumi energetici, oltre che una maggiore sostenibilità».

Diffondere cultura e know-how

Per il 2022 la sfida di HP sarà quella di raggiungere un numero sempre più ampio di stampatori, a partire da quelli che già dispongono della tecnologia Latex, a cui proporre la certificazione con il programma EcoSolutions. L’obiettivo è trasmettere il messaggio chiave della sostenibilità, dalla progettazione al prodotto finito, passando per i processi. «Trasferendo agli stampatori conoscenze e know-how, potranno essere a loro volta maggiormente propositivi verso l’end user, suggerendo alternative e materiali più eco-sostenibili».
Per esempio, come rimarca Giorgio, progettare in chiave sostenibile significa ridurre gli sprechi di materiale post-stampa, così come comprimere i costi ambientali connessi alla logistica; oppure, ancora, la stessa Industria 4.0, abbracciata da HP, sposa la causa della sostenibilità, assicurando un numero maggiore di controlli sulla produzione. «In questa direzione, proponiamo l’applicativo Print OS, che consente di monitorare le macchine e i consumi, supportando le analisi dei clienti».
Insomma, se è vero che la consapevolezza ambientale è un elemento che oggi accomuna tutti gli operatori, HP fornisce agli stampatori le conoscenze e gli strumenti per fare la differenza. Anche perché, oltre all’encomiabile aspetto etico, ribadisce Giorgio, «essere sostenibili significa ottenere maggiori risparmi e rafforzare la competitività».

Flussi di colore: quale Fogra usi?

Comparazione Gamut
sRGB (volume colorato) comparato al PSO Coated V3 (in wireframe). La prima immagine in nero è tratta da Color Think Pro, la seconda da ICCView

Se parliamo di colorimetria e, più in generale, di standard di riferimento in stampa, al grande pubblico di professionisti verrà in mente Fogra e il suo lavoro sulle caratterizzazioni. In realtà, basta allargare il sondaggio a tutta la filiera per rendersi conto di quanto poco si conoscano gli standard e le recenti evoluzioni in merito alle caratterizzazioni di “interscambio”. Adobe negli anni ha influenzato le scelte di grafici e creativi non aggiornando le opzioni relative alla gestione colore, che vedono nel Fogra39 una presenza a volte inappropriata.

In passato avevamo già promosso sondaggi specifici sulla colorimetria che hanno suggerito il lavoro distribuito lo scorso anno centrato sulla gestione del colore. I dati hanno confermato le attese, con una scarsa attenzione al tema e molti -troppi- luoghi comuni che vale la pena affrontare e su cui dibattere.

Per questo, un nuovo lavoro di ricerca è stato promosso dalla redazione che vuol far luce su questi aspetti e, perchè no, promuovere in futuro iniziative di aggiornamento per i propri lettori. Il sondaggio (disponibile a questo link) è anonimo e richiede pochi minuti: l’invito è a compilarlo e a lasciare la propria mail nel caso in cui si voglia restare aggiornati sui report e le attività legate a questa attività.

Come fare in modo che il comando Dimensioni Reali funzioni

Che vuol dire reale (cit.)? … e potremmo proseguire la citazione del celebre film Matrix chiedendo ad Adobe «… dammi una definizione di reale» (magari il tutto in lingua originale, così suona anche meglio).

Da molti anni usiamo le classiche voci di menu che regolano i predefiniti di visualizzazione del documento a schermo, ma quanti si sono mai domandati se e quanto siano coerenti con la loro denominazione?

Questa volta ci siamo adoperati per fare le pulci a queste voci nei consueti programmi di DTP: Photoshop, Illustrator, Indesign e Acrobat, includendo anche un outsider (Anteprima di Apple), e abbiamo scoperto che non è tutto perfetto.

La realtà secondo Photoshop

Uno degli ultimi aggiornamenti, quello di ottobre 2020, ha finalmente affrontato e risolto una delle mancanze più pesanti nell’ambito della rappresentazione WYSIWYG (what you see is what you get): l’utilizzo delle informazioni hardware dello schermo per calcolare correttamente lo zoom da usare per simulare la dimensione fisica del documento.

Tradotto in parole più essenziali: visualizzare a schermo un’immagine A4 con la grandezza effettiva di un A4 reale.

Questo è ora possibile selezionando la nuova voce “Dimensioni reali”, che manda definitivamente in pensione la voce “Dimensioni stampa” di cui 99 operatori su 100 non sapevano che farsene.

Mentre tutti abbiamo provato negli anni a selezionarla aspettandoci un ingombro plausibile con il mondo reale, pochi sapevano come fare in modo che questo comando funzionasse davvero, e cioè usandolo dopo aver configurato correttamente le preferenze in funzione del monitor usato.

Le preferenze di Photoshop con le impostazioni della risoluzione schermo, fondamentali per far funzionare correttamente il comando Visualizza>dimensioni stampa

Il menu con le varie scelte di visualizzazione, tra cui anche la nuova “Dimensioni reali”

Il valore di risoluzione monitor richiesto nella scheda Unità di misura e righelli delle Preferenze è quello del monitor che stiamo usando, e andrebbe, anzi, va inserito dall’utente dopo aver consultato la relativa documentazione tecnica, oppure dopo averlo calcolato come nell’esempio che segue.

Calcoliamo la risoluzione del display

Uno schermo da 27” FHD (quindi proporzioni pari a 16:9) ha circa una base di 23,5” ed un’altezza di 13,2”.

Per calcolare le misure scomodiamo il teorema di Pitagora:

(16x)2 +(9x)2 = 272

256×2+81×2=729

337×2=729

x=(sqr)729/337=1,47

quindi:

la base è                    1,47*16=23,52”

l’altezza è                                   1,47*9=13,23”

da cui consegue una risoluzione video effettiva pari a:

1920/23,52=81,63 ppi

1080/13,23=81,63 ppi

Inserendo il valore appena trovato nelle preferenze di Photoshop a quel punto funziona correttamente anche la voce Dimensioni di stampa, restituendo una visualizzazione pressoché identica a quella data da Dimensioni reali.

Quel valore di risoluzione non modificherà la risoluzione di partenza dei nuovi documenti predefiniti per il web, che restano a 72 ppi, mentre, pur non avendo alcun impatto pratico, ce la ritroveremo nei nuovi documenti Film e Video.

Nel caso ormai comune di più monitor collegati non si potranno inserire le eventuali risoluzioni specifiche di ciascuno, per questo l’aggiornamento di ottobre scorso è quanto mai benvenuto visto che fa tutto da solo senza chiedere nulla all’utente, che può quindi continuare ad ignorare la soluzione manuale spostando i documenti su uno schermo qualunque e facendo ricalcolare lo zoom a Photoshop di volta in volta.

La realtà secondo Indesign

La voce equivalente in questo caso è Dimensioni effettive, e lavora correttamente anche in ambiente multidisplay restituendo anteprime in tutto e per tutto coerenti con la dimensione fisica dell’elaborato.

Non ho ricordi di un funzionamento diverso da questo, non posso escludere che andando indietro con gli anni ci possano essere state criticità in ambiente multischermo, ma da che ho memoria la dimensione fisica a video è sempre stata simulata correttamente.

Diversa è la questione nel caso di documenti definiti in pixel, supponiamo 1920×1080, con l’intento di creare ad esempio delle slide per una presentazione. Non c’è modo di intervenire sulla risoluzione del documento, che resta quindi a 72 ppi, ed il comando Dimensioni effettive, con queste premesse, continua a considerare solo i cm che ne derivano (circa 67×38 cm).

Personalmente lo trovo poco congruo, e volendo avere un’idea di come si presenta nella modalità a pixel reali (cioè un pixel del documento corrisponde ad un pixel logico sullo schermo, per dirla alla Photoshop) devo ricorrere ad Adatta pagina a finestra. Non sarebbe esattamente la stessa cosa, ma ci andiamo vicini.

Il menu con le varie scelte di visualizzazione di Indesign, con “Dimensioni effettive”

La realtà secondo Illustrator

Qui iniziano le discrepanze più “fastidiose”: dopo due contesti tutto sommato funzionali, qui la voce Dimensioni reali funziona correttamente solo nello schermo principale, nel caso di un secondo monitor non c’è lettura dei dati interni né possibilità di inserirli manualmente.

Anche in questo caso l’uso dei pixel per la definizione delle dimensioni documento viene ignorata nel calcolo dello zoom, con la stessa logica usata da Indesign.

Se da un lato questo funzionamento può essere comprensibile dato l’orientamento a oggetti di entrambi i programmi, trovo un peccato non poterlo differenziare in alcun modo.

Il menu con le varie scelte di visualizzazione di Illustrator, con “Dimensioni reali”

La realtà secondo Acrobat

… e qui le cose si complicano, dai test effettuati su diversi schermi è evidente che ci sia una lettura dei dati del display principale (nel mio caso attuale un macbook pro con 2880×1800 pixel fisici), ma nel caso in cui abbiate impostato una risoluzione logica diversa da questa, come succede di default usando Big Sur sui Mac più recenti, Acrobat non si capisce più e continua a vedere solo i 2880×1800 pixel fisici (invece dei 3360×2100).

Ne consegue che sullo schermo principale la visualizzazione reale di Acrobat risulta così circa l’85% di quella corretta, mentre sul secondo “ragiona” come Illustrator, con l’aggiunta che sarà anche qui all’85% del dovuto (cioè è comunque sbagliata, ma più piccola).

Nei casi analizzati precedentemente è chiaro quanto venga considerata, anche nella peggiore delle ipotesi, la configurazione del sistema operativo se prevale su quella fisica, ma qui non è accettabile che non ci sia modo di avere almeno una visualizzazione corretta se non modificando le impostazioni lato sistema.

Il menu di Acrobat con la voce Zoom>Dimensioni reali

La realtà secondo Anteprima

In modo abbastanza inaspettato ho trovato un miglior supporto su questi aspetti con Anteprima: la visualizzazione di un PDF formato A4 viene correttamente simulata con Vista>Dimensioni reali sia nel caso del monitor principale che nel secondario.

Curiosamente lo stesso file esportato in formato JPG anziché PDF non viene visualizzato allo stesso modo, ed analizzando i metadati si trova che il PDF viene considerato a 72 ppi (pur mantenendo correttamente le immagini in alta al suo interno) e vengono rispettate le dimensioni fisiche, mentre con l’immagine raster, in questo caso a 300 ppi (la stessa usata per fare il pdf) viene ignorata la dimensione fisica e considerato solo l’ingombro in pixel, analogamente al comando Visualizza>100% di Photoshop.

DS Smith introduce le Circular Design Metrics per la valutazione del design circolare

DS Smith ha incorporato in tutti i suoi stabilimenti italiani le Circular Design Metrics, i parametri per la valutazione del design circolare, per sostenere la transizione verso l’economia circolare e aiutare i clienti a raggiungere i loro obiettivi di sostenibilità.

Per la prima volta nel settore, DS Smith può ora misurare e quantificare le prestazioni di sostenibilità di ciascuno dei suoi progetti di packaging attraverso otto diversi indicatori chiave: emissioni di anidride carbonica, design per il riutilizzo, ottimizzazione della catena di fornitura, riciclabilità, sicurezza del pianeta, utilizzo dei materiali, fonti rinnovabili e presenza di materia prima da riciclo.

L’introduzione di questi nuovi parametri è affiancata da una approfondita attività di formazione sull’applicazione dei principi di design circolare alle soluzioni di imballaggio che ha coinvolto i quasi 100 designer DS Smith in tutta Italia.

Dato che più dell’80% dell’impatto ambientale di un prodotto avviene nella fase di progettazione, i dati del Circular Design Metrics consentono ai marchi e ai rivenditori di confrontare diverse soluzioni di progettazione, aiutandoli a ridurre i rifiuti e l’inquinamento e a mantenere i materiali e i prodotti in uso più a lungo.

Francesco Barsanti, sales marketing e innovation director South Europe di DS Smith Packaging dichiara: “L’esigenza dei nostri clienti, unitamente alla nostra capacità di ridefinire l’imballo come tale, la dobbiamo trasformare in un’opportunità concreta per diffondere il valore e la cultura di un’economia circolare dove la sostenibilità trova il suo punto di convergenza. Le nostre Circular Design Metrics, ci permettono di capire e misurare quanto il packaging sia circolare”.

Il lancio della Circular Design Metrics segue il lancio dei Circular Design Principles l’anno scorso, sviluppati in collaborazione con la Ellen MacArthur Foundation.

L’economia circolare è al centro della strategia Now and Next di DS Smith, che si concentra sulla fase di riciclo e riutilizzo attraverso una migliore progettazione, sulla protezione delle risorse naturali sfruttando al meglio ogni singola fibra di carta e sulla formazione delle persone per guidare la transizione verso un’economia circolare. Entro il 2023, DS Smith produrrà il 100% di imballaggi riutilizzabili o riciclabili.

Bestinflexo: completata la selezione delle nomination 2021

Si è conclusa anche la seconda sessione della Giuria BestInFlexo che ha completato l’elenco delle nomination del concorso 2021.

“Per noi giudici diventa sempre più difficile scegliere i migliori, perché la qualità dei lavori continua a crescere notevolmente da un’edizione all’altra del premio e spesso si classificano lavori con pochissimi punti di scarto” dichiara Silvia Proscia, purchasing manager di Bonduelle. “Segno che la competizione è sempre più sfidante e beneficia della crescita costante del livello qualitativo dell’intero settore, anche in periodi piuttosto delicati come quello vissuto di recente”.

Con l’ultimo gruppo di aziende selezionate le nomination del concorso BestInFlexo 2021 sono:

Acm – Sit Group, Antonio Sada&Figli, Aro, Auroflex, BKP Packaging, Cartotecnica Postumia, Effegidi International, Europoligrafico, F.lli Magro, Flessofab, Flex Packaging Al, Florio Carta, Gamma Plastic, Grafiche Pradella, International Paper Italia (Stab. Bellusco), IPV Pack, Masterpack, Minova Labels, Mondi Padova, Pagani Print, Plastik, Scatolificio Ceriana, Scatolificio Ondulkart, Scatolificio TS, Sidac Schur Flexibles Group, Simplast, Sititalia, Tech It Packaging, Tonutti Tecniche Grafiche, Toppazzini, Trevikart – Progest Group.

Le aziende in nomination 2021 saranno premiate insieme alle candidature selezionate del concorso 2020. Quest’anno la cerimonia BestInFlexo, prevista il 17 novembre a Bologna, oltre a sancire il ritorno in presenza vedrà salire sul palco le aziende vincitrici di ben due edizioni.

Formazione e social: parola a Roba da Grafici

Lombardo

Un claim che la redazione di Italia Grafica sente suo è “la formazione non conosce pause”. Questo è un mantra che da sempre accompagna lo spirito dei nostri articoli e che abbiamo ribadito sui nostri canali durante il lungo periodo di pandemia. È proprio in questo tempo che abbiamo notato quanto la formazione sia importante, parallelamente all’aumento della richiesta degli utenti di contenuti tecnici ad alto valore formativo. Non è passata inosservata, quindi, una collaborazione che ormai va avanti da anni e che vede Roba da Grafici, una delle più importanti community social italiane, collaborare con Job Formazione, azienda specializzata in formazione a diversi livelli. La loro offerta va a coprire una richiesta di formazione verticale studiata proprio sulle esigenze degli utenti, con obiettivi chiari e subito raggiungibili. Abbiamo intervistato le persone che sono dietro questo progetto partendo da Marco Lombardo, admin di Roba Da Grafici.

Chi c’è dietro a Roba da Grafici?

Robadagrafici è diretto da Marco Lombardo, graphic designer e specialista della comunicazione. Il team dietro RDG è ricco di professionisti del settore grafico, stampa e marketing che hanno sposato il progetto e sono direttamente coinvolti nelle attività social. RDG nasce nel lontano 2010, agli albori di Facebook. All’inizio era un semplice raccoglitore di meme per alleggerire la pausa caffè. Da subito ci rendemmo conto che il panorama italiano della creatività necessitava di una community digitale in cui, professionisti e non, potessero confrontarsi liberamente anche su temi tecnici con un tono leggero e comprensibile, sfruttando le potenzialità che Facebook metteva a disposizione.

Quanto incide la formazione nel lavoro del grafico/creativo?

Per diventare grafico occorre avere passione, creatività e tanta curiosità. Doti essenziali per poter proporre soluzioni innovative e seguire le mode che cambiano in maniera frenetica. Serve conoscere  diverse tecniche e strumenti, a seconda del progetto a cui si lavora e del campo in cui si sta agendo. In un panorama così vasto e mutevole occorrono competenze specifiche che solo con un’adeguata, completa e continua formazione si può dare per rimanere competitivi. In sostanza: non ci si può improvvisare esperti della comunicazione.

Parlando di formazione, quali sono gli argomenti più richiesti dalla community?

La community ha una forte varietà di utenti, dai neofiti alle prime armi a scafati professionisti, utenti che lavorano solo in digitale e altri che sono solo esecutivisti del mondo della stampa. Con un pubblico così vasto è chiaro che le domande sulla formazione siano le più diverse. A mio parere, le più interessanti, sono quelle relative ai cambiamenti dei trend del design e alle tecniche per creare applicazioni coinvolgenti.

A proposito di stampa, quali sono i temi più ostici?

Buona parte dei grafici di oggi è davvero competente nella progettazione e nell’utilizzo delle tecnologie per fare grafica, meno su quello pratico. Il mancato approccio alle attrezzature, una volta percorso obbligato per chi studiava design, ha creato un divario ancora maggiore tra i professionisti che sono competenti sui processi di stampa e chi no. I profili colore, le sovrastampe e la corretta gestione del file di stampa sono i grandi temi ostici, oltre a una poca dimestichezza con i supporti e formati di stampa meno comuni e fuori dai circuiti di tipografie digitali low cost.