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Ulmex, i vantaggi della tecnologia SteppedHex

Gli stampatori che utilizzano tecnologia flexo sono chiamati ad aumentare la qualità di stampa per garantire soggetti sempre più definiti. “Un risultato che si può ottenere aumentando la lineatura degli anilox”, spiega Angelo Maggi, amministratore di Ulmex Italia. “Una procedura che ne diminuisce però la portata, legata in particolare ai limiti fisici di contenimento dell’inchiostro”. L’incisione brevettata SteppedHex, messa a punto da Zecher, protagonista mondiale nella produzione di anilox, e distribuita in esclusiva italiana da Ulmex, garantisce doppia portata a parità di lineature, senza richiedere fermi macchina per la pulizia dei cliché grazie al trasferimento dell’inchiostro più preciso sul retino. Questa tecnologia offre molteplici vantaggi stampando sia su film, sia su carta. Inoltre, il suo utilizzo è particolarmente indicato per supporti assorbenti come carta e cartone ondulato impiegati per la realizzazione di shopper e bags.

La tecnologia SteppedHex è caratterizzata da una nuova geometria delle celle, unica e particolare, che soddisfa importanti requisiti. L’incisione si basa infatti sulla tradizionale angolatura a 60°, ma con una connessione di tre celle in fila disposte a gradini che rende gli anilox compatibili con tutti i tipi di inchiostro (base acqua, solvente e UV), tutte le tecnologie e le più comuni configurazioni delle macchine da stampa. Oltre a incrementare la lineatura dei cilindri, con una risoluzione di stampa fino a 60 l/cm a parità di volume, questa innovativa tecnologia assicura maggiore omogeneità nel trasferimento dell’inchiostro assicurando risultati conformi dall’inizio alla fine senza variazioni di tonalità. Grazie a questa particolare incisione, i fondi e i tratti risultano più densi e uniformi e i dettagli hanno una migliore definizione, anche nei punti minimi (fino a 580 linee/cm con portata volume fino a 4,0 cm3/m2).

“Essendo partner di tantissimi stampatori flexo in Italia, dal nostro osservatorio privilegiato possiamo certificare il fatto che siano sempre più numerose le aziende che riconoscono i vantaggi concreti dell’incisione SteppedHex e che, dopo aver implementato questa tecnologia, non ne farebbero più a meno”, aggiunge Maggi. Ulteriori conferme si trovano nelle success stories di clienti da tutto il mondo soddisfatti dalla rivoluzionaria incisione brevettata da Zecher.

Sono tanti i vantaggi garantiti dall’esclusiva tecnologia SteppedHex. Oltre a poter stampare con alte lineature (L/cm) anilox, senza rinunciare alla portata volume, la raclatura risulta omogenea grazie al supporto costante delle spalle delle cellette disposte a scalini nel punto di contatto del bisello con l’anilox. Inoltre, la forma a vasca ottimizza lo svuotamento delle celle, la cui geometria allargata facilita la pulizia degli anilox. Altri plus sono il supporto ottimale del punto cliché anche sulle alte lineature fino al 1% e il trasferimento omogeneo anche nella spalmatura di tutte le tipologie di inchiostri come bianco, vernici, oro o argento.

SteppedHex è un concetto alternativo che supera i limiti delle singole applicazioni, consentendo agli utilizzatori di soddisfare tutte le loro esigenze con un unico sistema. In particolare, questa tecnologia è la risposta innovativa per stampanti flexo UV a banda stretta; stampa di etichette; stampa imballaggi flessibili; stampa cartone ondulato pre-print.

“Stiamo proponendo i cilindri SteppedHex da alcuni anni registrando un grande interesse derivante soprattutto dalla consulenza e dal supporto specializzato che offriamo per associare la giusta tecnica d’incisione alle applicazioni individuali, con un approccio personalizzato per ogni singolo cliente”, spiega Maggi. “Le prestazioni garantite da questa soluzione sono molto apprezzate, anche grazie all’abbinamento con il nostro esclusivo servizio di pulizia degli anilox”. Ulmex, infatti, offre anche un servizio di pulizia con tecnologia laser dei cilindri, ceramici o cromati, effettuata In e Off-line da tecnici specializzati direttamente a domicilio 24/7.

Velocità e volume nella stampa inkjet

Tabella Inkjet

La dimensione delle gocce determina la velocità con cui queste possono essere emesse e di conseguenza a quale velocità è possibile stampare. Questo fattore è poco evidenziato quando si considera un sistema di stampa totalmente digitale, perché le velocità sono dichiarate dal produttore, ma sono rilevanti sui sistemi di stampa ibridi.

Quando si valuta l’inserimento di teste di stampa inkjet sulla propria macchina o si valuta l’acquisto di un sistema ibrido la velocità di stampa è spesso determinata proprio dalle teste di stampa e dalla frequenza di emissione per quel tipo di goccia (espresso in KHz, vedi tabella); per questo motivo è fondamentale capire quale sarà l’impiego della testa di stampa e se sarà necessario montare un array o più array in funzione della velocità e della qualità (numero di gocce) attesa.

La frequenza di emissione è legata alle caratteristiche costruttive della testa, tra cui anche quanti colori per testa sono stampabili, a sua volta determinato dalle file di ugelli presenti. Ci sono teste in grado di stampare 4 colori e altre che ne possono stampare solo uno e per stampare a 4 colori usano 4 teste.

La configurazione di stampa scelta definisce la velocità considerando anche il numero di gocce emesse e la risoluzione di stampa ottenibile. E anche il costo di stampa che, nel caso delle teste PJI e CIJ è molto alto e quindi alza il costo iniziale dell’investimento. Il numero di teste dipende anche dalla modalità di scrittura a scanning o a single pass. La scrittura a scannig XY è quella dei “plotter” ovvero il gruppo stampa (con un o più teste) si muove lungo tutta la larghezza del supporto mentre quest’ultimo avanza o, nel caso dei flatbed, il braccio avanza.

Il movimento del gruppo stampa può essere single pass (un passaggio per fare stampare un fascia) o multipass (più passaggi per fare un striscia), monodirezionale (stampa solo in una direzione e ritorna) o bidirezionale (stampa in entrambi i movimenti della testa). Per questo motivo ci possono essere differenze tra la cosiddetta risoluzione verticale (legata agli avanzamenti del supporto) e quella orizzontale determinata dalle teste di stampa, che può aumentare in base al numero di passaggi fatti per completare la striscia stampata.

La scrittura a single pass è quella utilizzata sulle macchine inkjet da produzione a bobina e foglio ed è caratterizzata dalla costruzione di un array di teste per tutta la larghezza del supporto.

Il numero di teste montate su ogni array dipende dalla grandezza delle stesse, mentre il numero di array dipende dal numero di colori da stampare, la risoluzione di stampa, la velocità attesa.

Le macchine hanno anche un sistema di controllo adattivo delle emissioni delle gocce in funzione del tipo supporto e delle tempistiche di trasporto affinché le gocce siano sempre stampate nella posizione corretta.


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Gli eventi virtuali Zund al via con una lezione sui materiali Dispa

Nel primo appuntamento di Zund Application Spotlight, inedito calendario di eventi virtuali dedicati di volta in volta a specifiche applicazioni o materiali particolari, i riflettori sono stati puntati sui supporti Dispa di 3A Composites, protagonisti di tre dimostrazioni dal vivo.

La versatilità dei propri sistemi di taglio e l’importanza di affidarsi a uno strumento in grado di contribuire a realizzare progetti di comunicazione visiva trovano compimento in Zund, che vuole dimostrarlo con una serie di appuntamenti online dedicati ai diversi materiali.
In linea con gli standard dell’azienda svizzera, un inizio in grande stile il 4 e il 5 febbraio scorsi con una prima sessione dedicata ai supporti di 3A Composites.
Il primo appuntamento Zund Application Spotlight si è occupato di sign&display, e in particolare del potenziale del cartone Dispa, versatile e in linea anche con i requisiti di sostenibilità.
«Vogliamo dimostrare l’utilità di contare su sistemi modulari e facili da aggiornare – spiega Jacob Jensen, team leader customer experience center di Zünd -. Esattamente quanto richiesto oggi da uno scenario con esigenze rapidamente mutabili».
Tre gli esempi applicativi proposti: una valigetta prodotta con Dispa da 2,4 mm, contraddistinto da una superficie bianca e liscia, per risultati di stampa brillanti; una tradizionale affissione realizzata con Dispa Outdoor per promozioni in esterno di breve durata; la riproduzione di un’opera d’arte con Dispa Canvas, con una texture assimilabile a una tela pittorica.
«I materiali compositi hanno oggi un largo raggio di applicazioni – spiega Moritz Pieper, head of solution engineering display di 3A Composites -. Negli ultimi anni, si è affermata in particolare la richiesta di sostenibilità e oggi siamo in grado di fornire materiali fortemente orientati al riciclo».
Per l’occasione, nel giro di pochi minuti i plotter Zund sono passati dal taglio di un classico cartello per segnaletica, alla più complessa lavorazione di una stampa su Canvas con tanto di cornice integrata da ripiegare e infine la realizzazione di una shopping bag con il giusto grado di flessibilità.
Aspetto da non sottovalutare, con la possibilità di integrare tutti i processi con sistemi di carico dei supporti e scarico degli elaborati in automatico, riducendo la necessità di presidio.

Konica Minolta, nuovi partner certificati industrial printing

La continua crescita di Konica Minolta nel settore della stampa industriale ha portato alla creazione di una rete di partner certificati dedicati alle soluzioni industrial printing.

Dal 2016, anno in cui Konica Minolta è entrata a pieno titolo nel campo della stampa industriale, il suo business nel settore è praticamente raddoppiato. Massimizzando il valore della stampa attraverso la tecnologia digitale, l’azienda si è aperta a nuovi mercati e ha ampliato il suo business. Sia la stampa di etichette che la produzione di packaging e imballaggi hanno dimostrato di avere spazio per la digitalizzazione dei processi post-stampa; introducendo nuove lavorazioni con vernice 2D/3D e Hot Foil, Konica Minolta ha incrementato la sua presenza nel mercato della stampa industriale, tutt’ora in continua crescita. Ormai è di fondamentale importanza per gli addetti ai lavori differenziarsi e dotarsi di sistemi di nobilitazione digitali di livello per fornire ai propri clienti prodotti con effetti tattili non convenzionali e prestigiosi. Per questo, Konica Minolta ha deciso anche in questo momento delicato di incrementare l’alleanza con MGI.

Il digitale risulta essere la risposta alle sempre più frequenti richieste “on demand” da parte degli stampatori, che necessitano di tirature più basse, con elevato grado di personalizzazione, in tempi brevi.

Proprio per rispondere al meglio alle esigenze dei professionisti della stampa, Konica Minolta ha deciso di creare una rete di partner specializzati sul territorio, certificati per la gestione delle soluzioni industrial printing. Un canale ripensato a misura delle nuove esigenze di mercato, sempre più indirizzato, come leva di differenziazione competitiva, verso la proposizione di soluzioni digitali per la Stampa Professionale.

Le strutture dei partner Konica Minolta, dopo aver seguito uno specifico e rigoroso programma di formazione per aggiornare le proprie competenze ad ogni livello, sono seguite costantemente da un team di specialisti tecnico-commerciali che li supporta nel business al fine di rispondere efficacemente a ogni specifica esigenza del cliente. Inoltre, dopo aver definito insieme ai partner le tipologie di supporto necessarie per rispettare gli standard elevati richiesti verso l’utenza finale, Konica Minolta certifica le competenze acquisite da questi partner.

Ad oggi, i partner certificati industrial printing sono in grado di commercializzare il sistema per la Stampa di Etichette AccurioLabel e i sistemi di Nobilitazione MGI JETVarnish 3DS e MGI JETVarnish 3D One, ma forniscono ai clienti Konica Minolta supporto a 360° per tutte le attività di prevendita e postvendita relative alla Stampa Professionale.

Le organizzazioni che attualmente hanno dimostrato di avere i requisiti per essere selezionati come “partner certificati industrial printing” sono: Agga Srl a Moncalieri (TO), Lab Srl a Torri di Quartesolo (VI), Linea Ufficio Srl a S. Benedetto del Tronto (AP), Massinelli Srl a Perugia, PACE Spa a Reggio Emilia, Rocco Ferraro Srl a Tricase (LE), Sicilia Ufficio Srl a Catania e Tinet Srl a Oderzo (TV). Altre certificazioni sono in corso.

Preparare le immagini per la stampa in grande formato

Nonostante si stampi da decine di anni su dimensioni notevoli (come il billboard da 6×3) e le fotocamere di fascia intermedia abbiano ormai ampia disponibilità di megapixel, persiste stranamente una sorta di aura nebulosa su come si prepari un’immagine “grande”. Se fate una ricerca sul web con “stampa grande formato risoluzione” troverete molteplici ricette e/o indicazioni più o meno approssimative su quanta risoluzione serva, in qualche caso troverete anche delle tabelle e dei calcolatori online che suggeriscono quanto grande potete stampare un’immagine in funzione dei suoi pixel, oltre a ricette fantasiose sugli ingrandimenti “un po’ alla volta, non in un unico passaggio”.

Nei risultati delle prime 10 pagine di Google ho trovato alcune indicazioni condivisibili, generalmente non motivate, con indicazioni numeriche parzialmente divergenti e, talvolta, contrastanti.

Chi è tenuto a sapere il corretto modus operandi?

Per quanto le figure coinvolte in un processo grafico abbiano competenze trasversali e spesso sovrapponibili la risposta a questa domanda è una sola: il grafico. Non il fotografo, non lo stampatore, quindi inutile rimbalzarsi le responsabilità.

  1. Il fotografo

Il fotografo scatta, fornisce immagini tipicamente digitali con una certa quantità di pixel, oltre che con una certa “qualità” in base all’attrezzatura utilizzata (di certo in questa sede non rischiamo di confondere ottiche professionali con quelle dei cellulari, anche se i megapixel dovessero essere numericamente uguali).

Dopo un breve confronto con il grafico, nome generico per definire qui chi si deve occupare del trattamento dell’immagine prima della messa in stampa, si dovrà stabilire se l’attrezzatura di partenza sarà sufficiente o si dovrà noleggiare qualcosa di più performante (e quindi più costoso). A quel punto il suo unico compito è scattare al suo meglio con quello che ha, che utilizzi stack di scatti in multifocale, o super risoluzione, o obiettivi fissi anziché zoom ecc… non è interessante in questa sede.

Da quando molti fotografi hanno acquisito esperienza nella stampa fine-art non è raro incontrare professionisti molto competenti nella gestione della risoluzione e dei diversi supporti di stampa, ma tendo a considerarlo un piacevole valore aggiunto piuttosto che un argomento proprio della loro professione di base.

  1. Il grafico

Il grafico deve sapere cosa ha chiesto al fotografo: se la richiesta riguarda materiale utile per stampe di 10 metri di larghezza da mettere in un supermercato a 3 metri di altezza deve essere in grado di chiedere il giusto numero di megapixel, per non trovarsi poi con troppe (in questo caso quasi mai) o troppo poche informazioni (cioè pixel) al momento dell’esportazione. Chiedere poi uno scatto ad alta definizione, o ad alta risoluzione, di per sé non significa nulla, senza correlazione tra dimensioni fisiche e risoluzione è una richiesta inconsistente.

Gli algoritmi di interpolazione possono giocare un ruolo chiave per fornire ulteriore dettaglio fittizio, ma plausibile, così come diventano fondamentali un uso consapevole delle tecniche di aumento della nitidezza e di rimozione/aggiunta del disturbo.

Consideriamo anche che il fotografo può essere sostituito dai vari siti che vendono immagini, e al momento dell’acquisto le dimensioni in pixel delle immagini fanno la differenza tra qualcosa di adatto, di sovrabbondante (e magari più costoso) oppure di troppo piccolo.

  1. Lo stampatore

Una volta concordati i supporti e la qualità di riproduzione, generalmente alta ormai ovunque con valori intorno ai 1200 DPI anche su supporti telati, l’immagine viene stampata. Naturalmente il tipo di supporto e la tecnologia usati possono condizionare sensibilmente la definizione finale: un telo traforato per l’impalcatura di un restauro è molto distante da una carta fotografica, ma in linea di massima se l’immagine di partenza è ben costruita e “adatta” nessuno avrà da ridire.

Lo stampatore generalmente suggerisce un valore generico di risoluzione di output, giusto per dare un’indicazione di massima per andare “sul sicuro”, ma non avendo alcune informazioni come quelle che stiamo per analizzare sono valori indicativi molto generici. Del resto chi stampa non è tenuto ad avere interesse in cosa viene stampato, deve solo farlo al meglio in base a ciò che riceve.

Cosa significa “adatta”?

Se usassimo la famosa risoluzione di 300 PPI (non DPI) per una stampa di 10 metri avremmo già una base di oltre 110.000 pixel, tanto per capirci il “vecchio” formato PSD è limitato a 30.000 x 30.000 pixel. Nessuno si lamenterebbe della qualità finale naturalmente, ma avremmo un file pesantissimo che richiede tempi di elaborazione lunghi, con conseguente aumento di costi ed altri problemi a cascata.

Il processo per creare l’immagine “adatta” è sintetizzabile quindi nelle righe seguenti:

  1. Da che distanza si dovrà vedere la stampa?

Questa è la prima e fondamentale domanda da cui tutto dipende, l’abbiamo trattata qualche anno fa, nel numero di giugno 2017, per cui non tornerò sui motivi fisiologici e percettivi per spiegare i calcoli che seguono, mi limiterò a utilizzarli per arrivare al risultato ottimale.

Se l’osservatore si trova a 1 metro dalla stampa la risoluzione di riferimento è intorno agli 80 PPI (a mezzo metro è 160, poco sopra ai 25 cm arriviamo ai ben noti 300 PPI), il valore può essere aumentato se sono presenti molti dettagli sottili, così come può essere anche inferiore se c’è ampia prevalenza di basse frequenze (tipo un panorama a campo lungo). Nonostante questo valore tenga conto del potere risolvente dell’occhio umano medio si può considerare anche che ad una risoluzione superiore aumenti il dettaglio percepito (anche se non viene risolto).

Sul pregevole Printhandbook di Andy Brown si propongono risoluzioni soglia di addirittura 50 ppi per i billboard da 6 metri per 3, e per quanto abbia apprezzato la qualità del manabile trovo questo valore un po’ eccessivo di un buon 30% (per anni si è usato il criterio della scala 1:10 a 300 ppi con successiva proiezione in fase di stampa, alla fine risultava una risoluzione di 30 ppi a dimensione reale, e nessuno si è mai lamentato).

  1. Cosa è rappresentato nella stampa?

Il soggetto rappresentato è un fattore sensibile, immaginiamo di avere un close up di un fiore: si tratta di un soggetto che l’occhio osserva naturalmente da vicino, il dettaglio viene inconsciamente cercato visto che la nostra esperienza passata è ricca di situazioni in cui abbiamo raccolto informazioni di dettaglio di un soggetto simile. Più il soggetto ripreso è piccolo nella realtà e maggiore sarà la propensione all’aspettativa di dettaglio.

Al contrario un panorama, per quanto anch’esso non privo di microdettaglio, lo si osserva da distante con il sistema visivo rilassato, quindi la ricerca del dettaglio diventa secondaria.

In base a questi esempi si potrà prediligere un’immagine di partenza con più megapixel, se possibile, oppure un trattamento di sharpening (aumento della nitidezza) adatto e localizzato.

  1. Come sono i contrasti? Ci sono simboli grafici noti?

È una logica prosecuzione del punto precedente. Se i microdettagli sono molto contrastati (ad esempio ciocche di capelli neri su fondo bianco) la percezione di eventuali seghettature sarà molto probabile, al contrario nessuno ci farà caso se i valori tonali sono piuttosto vicini.

Anche la presenza di testi attiva un processo di codifica visiva diverso, per questo un testo nero su fondo bianco con contorni seghettati disturba di più di una corteccia d’albero con lo stesso artefatto (ma generalmente i testi sono trattati come vettori quindi il problema non si dovrebbe porre).

Superfluo ma utile ribadire che la percezione del dettaglio è quasi interamente veicolata dai chiaroscuri, la componente cromatica è trascurabile.

  1. Su quale supporto?

Cercare il dettaglio del pelo nell’uovo su una tela traforata da impalcatura suona quantomeno poco sensato, risoluzioni di 15 PPI si sono confermate efficaci e snelle, e pensate che il pixel in questo caso risulta poco più piccolo di 2 mm…

Ad ogni modo l’ottimizzazione dello sharpening passa anche per questo aspetto, e rispetto alle dimensioni di stampa medio-piccole il raggio delle maschere di contrasto sale notevolmente.

  1. Disturbo? No, anzi, prego

Una volta ingrandita e ottimizzata l’immagine è consigliabile applicarci una patina di disturbo controllato che confonda alcuni artefatti e dia la sensazione di maggior dettaglio ed omogeneità. Mentre gli artefatti di interpolazione vengono facilmente percepiti come artificiali il disturbo stile “grana pellicola” è percettivamente ben tollerato, e quando applicato sull’immagine già grande il risultato è notevole. 

Casi limite

In quei casi in cui la stampa di grandi dimensioni preveda distanza di visualizzazioni analoghe ad una rivista, ad esempio una piantina di un parco divertimenti, oppure riproduzioni d’arte come un’Ultima cena di Leonardo, dove il dettaglio della singola giostra o della singola pennellata è pressoché obbligatorio, non ci sono molte scappatoie: servono risoluzioni elevate (quindi anche 250/300 PPI) a dimensioni reali. Per un formato standard industriale da 3×2 m arriviamo a quasi 800 megapixel per la situazione ottimale, si può fare? Si, certo. Serve sempre? Naturalmente no.

Questo dettaglio è proposto in 4 risoluzioni diverse, da sinistra a destra rispettivamente: 300, 200, 100 e 50 ppi. Nella seconda riga ogni immagine è stata interpolata e riportata alla risoluzione di 300 ppi, generando quindi pixel fittizi comunque più piccoli di quelli in prima riga.

La visione consigliata per la prima colonna è poco meno di 30 cm, per la seconda circa 40 cm, per la terza circa 80 cm, per la quarta circa 1,6 metri. Le considerazioni da fare riguardano sia quanto può essere soddisfacente la versione con il corretto rapporto risoluzione/distanza, sia quanto non siano più distinguibili i dettagli della prima e della seconda immagine via via ci si allontana.

Fedrigoni Top Award 2021, la rosa dei finalisti

Dalle scatole da tè più raffinate alle confezioni per profumi, alle shopper bag d’alta moda; dalle etichette – piccole opere d’arte – per birre artigianali, vini e liquori pregiati, conserve gourmet, a preziosi cataloghi illustrati, calendari, libri d’arte, accessori coordinati per aziende. È questo il mondo di chi usa materiali Fedrigoni e da qui provengono i 17 progetti finalisti pronti all’ultimo confronto per aggiudicarsi, a Parigi in giugno, il Fedrigoni Top Award 2021.

Brasile, Cina, Portogallo, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Germania, Repubblica Ceca e Italia sono i Paesi che secondo la giuria di esperti hanno espresso le realizzazioni più interessanti e innovative, giunte alla fase conclusiva del contest internazionale che Fedrigoni organizza ormai da dodici edizioni per dare risalto alle migliori creazioni con carte speciali a marchio Fedrigoni e Fabriano e con materiali adesivi per etichette Manter e Ritrama, stampate con qualsiasi tecnica, nel packaging, nella grafica, nella corporate communication e nell’editoria.

Il Fedrigoni Top Award è una grande vetrina di idee capace di ispirare e suggerire nuove visioni, un’occasione per celebrare il valore della carta nell’ideazione e realizzazione di ogni genere di prodotto. Sono oltre 1.000 le proposte pervenute, realizzate da luglio 2018 a fine giugno 2020, e una giuria composta come ogni anno da un panel di esperti internazionali noti nel mondo del design e della comunicazione le ha accuratamente valutate in relazione all’originalità del progetto grafico, alla funzionalità, all’accuratezza di esecuzione e all’uso appropriato delle carte Fedrigoni.

Questa la rosa dei finalisti, che in ognuna delle quattro categorie in gara concorreranno all’assegnazione del Fedrigoni Top Award 2021: “Big Kitchen” (Lisbona, Portogallo), “Book Key Cucine” (Verona, Italia), “Golden Moments” (Leeds, Gran Bretagna), “La Lepre e la Luna” (Montecassiano, Italia), “No Man’s Space / Capricorn Vermouth Dry & Eclipse Gin” (Spoltore, Italia), “Buche & Gran Buche” (Barcellona, Spagna), “Album di Famiglia / Last Colony Gin” (Spoltore, Italia), “Birrificio sul mare” (Camaiore, Italia), “Quinta dos Montes – Parcela Nº5” (Covas do Douro, Portogallo), “Armatore, lo Zingaro del Mare” (Salerno, Italia), “Basao Gongfu Teabag Series Packaging – Archive Box” (Xiamen, Cina), “Jordi’s Chocolate” (Hradec Kr, Repubblica Ceca), “No One can Fail – Écrire son Nom (Upo 3)” (Le Havre, Francia), “Moholy / Nagy and the New Typography” (Mainz, Germania), “Phoenix Art from the Artist Xue Song” (Shanghai, Cina), “Tupigrafia Magazine Issue #12” (San Paolo, Brasile), “L’Architecture des Arbres” (Parigi, Francia).

La selezione si è svolta a novembre nelle splendide sale dell’Archivio Storico di Fedrigoni, a Verona, che per alcuni giorni ha ospitato la giuria nel rispetto di tutte le necessarie precauzioni per la salute dovute all’imperversare del Covid-19. Per permettere di vagliare nei tempi previsti tutti i progetti presentati, il parterre di esperti già annunciato è stato ampliato con l’ingresso di Martina Corradi, marketing manager per HP Indigo e PWP per l’Italia; Silvana Amato, docente ed esperta di grafica editoriale e Roger Botti, direttore generale e creativo di Robilant Associati. Nomi di consolidata preparazione ed esperienza che sono andati ad aggiungersi a quelli di Simon Esterson, presidente della giuria e art director di Pulp e della testata inglese Eye Magazine;  Frank Goehrhardt di Taschen, che si occupa con successo di editoria di alta gamma; Min Wang, docente alla China Central Academy of Fine Arts; Ivan Bell di Stranger & Stranger, esperto mondiale di etichette per il settore spirits e Juan Mantilla di KIKO Milano, specialista in design e produzione di packaging cosmetico.

Ma un primo vincitore c’è già, ed è il progetto più votato online dalla community di appassionati e operatori del settore che hanno potuto visionare i lavori sulla pagina dedicata del sito di Fedrigoni: si tratta di “ITsocase”, nella categoria packaging, realizzato da I’M comunicazione per Teorema Mediterraneo su carta Fedrigoni Arena White Smooth 450gr, che ha ottenuto 815 “like”, praticamente un plebiscito (4,7 su 5). Ancora visibile online, in attesa di essere esposta insieme agli altri vincitori, “ITsocase” è la “valigia” per un viaggio sensoriale in Italia, che comincia dai colori dei paesaggi mediterranei e delle maioliche amalfitane, passa per la matericità della carta che ne fa risaltare la brillantezza e arriva al gusto e alla prelibatezza dei prodotti gastronomici.

“Ogni anno si conferma l’ottimo livello qualitativo, tecnico e artistico dei progetti che la giuria è chiamata a valutare – commenta Chiara Medioli Fedrigoni, group marketing&sustainability director di Gruppo Fedrigoni -. Poter vedere così tante realizzazioni contemporaneamente ci permette di avere una visione più chiara di cosa accade nel mondo della grafica e del design: ad esempio, l’editoria riemerge con forza, esiste un ricco filone di proposte per i packaging del tè in Asia e in Australia, le etichette per vini e superalcolici diventano sempre più incisive. E’ un grande orgoglio per noi dare matericità e contribuire alla realizzazione di progetti capaci di fondere cultura, sperimentazione, creatività e nuove tecnologie, riaffermando il ruolo della carta come strumento di design”. La conferma viene dalla scelta dei prodotti: per le etichette autoadesive, molto sofisticate, si è spesso preferita la carta Tintoretto, ma non sono mancati volumi preziosi e cataloghi d’arte stampati su Arena, la linea di carta e cartoncini bianchi e avoriati lanciata da Fedrigoni a settembre, mentre molte proposte di packaging si sono orientate su Materica, una carta più tattile e morbida, in colori naturali.

Sono quattro infatti le categorie in gara: Publishing, dedicata a Gianfranco Fedrigoni, che comprende libri, volumi, riviste, edizioni d’arte; Corporate Identity, che va dai cataloghi di prodotti e servizi ai coordinati grafici, dai calendari ai diari, agli inviti/auguri, alla regalistica di cartotecnica; Packaging, ovvero scatole, astucci, shopping bag, espositori da banco, e Labels, riservata alle etichette per alimenti di alta gamma ma soprattutto per vini e liquori, che quest’anno hanno fatto la parte del leone con un terzo dei lavori pervenuti, a conferma di un segmento in forte espansione in cui Fedrigoni è al primo posto in Europa.

I vincitori saranno proclamati a giugno, nel corso di una cerimonia a Parigi dove le creazioni saranno esposte in una mostra: questo è l’obiettivo a cui sta lavorando Fedrigoni, nella speranza che la diffusione della pandemia lo consenta. Oltre a ricevere un trofeo simbolico, le realizzazioni più interessanti saranno inserite in un catalogo distribuito in tutto il mondo. La giuria si riserva inoltre di attribuire un riconoscimento speciale al miglior lavoro che in ogni categoria sia realizzato con una tecnologia a stampa digitale HP Indigo, patrocinatore del premio insieme a Fedrigoni.

Guida alle teste inkjet: i consigli degli esperti

Teste inkjet

Le teste di stampa sono il cuore tecnologico di ogni sistema di stampa inkjet da cui dipende velocità di stampa, risoluzione e affidabilità. Conoscere come sono fatte e come lavorano può aiutare a compiere scelte di acquisto adeguate alle proprie esigenze.

La produzione di una testa di stampa è il risultato di continue ricerche su materiali, schemi costruttivi, metodi di scrittura basati sulla esigenza di far passare un fluido da depositare su un supporto.

In realtà qualche anno fa scoprii che le teste di stampa sono anche utilizzate per il dosaggio degli elementi nella produzione di medicinali e anni prima avevo partecipato alla preparazione di una macchina che stampava miele su biscotti con alcune teste inkjet (unica occasione in cui un errore di stampa era comunque buono…).

A parte le più originali applicazioni, procediamo nella razionalizzazione delle informazioni riguardanti le teste, perché, anche se di solito la scelta di una macchina digitale non consente di sceglierle, conoscere le loro caratteristiche tecniche aiuterà a capire le specifiche peculiarità.

Le tecnologie di base: continuous jet, cj

La tecnologia CJ nel settore della stampa è utilizzata per l’alta velocità di emissione delle gocce e la lunga vita delle teste. È molto usata a bordo delle macchine da stampa per la marcatura di produzione e allo stesso scopo per stampare direttamente su oggetti.

Per applicazioni oltre la marcatura, è Kodak che ha sviluppato questa modalità di espulsione che può essere a grandezza fissa o variabile. L’emissione a grandezza fissa (binaria) determina la grandezza della goccia e la stende in modo uniforme su tutto il supporto.

Simile a un retino offset FM, è utilizzato per realizzare stampe di prodotti da visionare a distanza molto ravvicinata, per cui si usano gocce molto fini come nel caso delle stampe fotografiche e museali, o da grande distanza, per cui si usano gocce molto ampie come le maxi-affissioni e i rivestimenti dei veicoli.

La scelta è dettata dal tipo di prodotto che si vuole stampare.

La stampa con emissione a goccia variabile (a scala di grigi) decide che dimensione dovrà avere la goccia sulla base della rasterizzazione del file e delle relative aree da stampare e avviene in multidrop.

La goccia espulsa dalla testa è sempre la stessa, ma possono essere messe più gocce in rapida sequenza affinché cadendo si uniscano realizzando una goccia più ampia. Simile a un retino offset AM le grandezze sono comunque fisse e indicate nelle specifiche della testa e sono ideali per la realizzazione di stampati commerciali, affissioni in punti vendita, prodotti di packaging e in generale un ottimo compromesso tra velocità di produzione e qualità (percepita) dello stampato.


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Green Deal, un’opportunità per la sostenibilità e la circolarità della filiera della carta e della grafica

Il prossimo 11 febbraio la Federazione Carta e Grafica terrà un secondo appuntamento informativo e formativo sui temi della sostenibilità e dell’economia circolare focalizzato sulle opportunità del #greendeal per le imprese e gli operatori della filiera e utile per fare il punto sul Progetto di Federazione che sta coinvolgendo e coinvolgerà le aziende associate.

Introdurrà i lavori Girolamo Marchi, presidente di Federazione Carta Grafica, che presenterà – in anteprima – “La politica di sostenibilità della Federazione”, una sorta di Manifesto/Carta dei Valori che riassume gli impegni in termini dipolitica ambientale sociale e di governance della Federazione Carta Grafica. La Federazione opera infatti per rendere raggiungibili e concrete le strategie della Commissione europea sulla neutralità climatica al 2050, nonché per agevolare il perseguimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs) in coerenza con i propri valori e mission.

Proprio per accompagnare le aziende nel perseguimento di questi obiettivi nasce, nel 2020, il Progetto Sostenibilità, che ha l’obiettivo di dare a tutte le imprese della Federazione (Assocarta, Assografici, Acimga) gli strumenti per una rendicontazione ambientale, sociale ed economica che risponda agli standard internazionali e alle aspettative sia di clienti e fornitori sia della finanza privata e pubblica.

Interverranno: Valeria Fazio – senior manager BDO Italia, divisione sustainable innovation – sulle novità del contesto europeo in termini di regolamentazione e obiettivi di decarbonizzazione; Mara Cossu – ricercatrice capo settore sviluppo sostenibile del Ministero Ambiente – traccerà sulle linee portanti della strategia nazionale di sviluppo sostenibile e gli impegni necessari al raggiungimento degli SDGs; .Arianna Lovera – senior programme officer del Forum Finanza Sostenibile – che illustrerà alle aziende gli strumenti finanziari – già disponibili sul mercato – per la sostenibilità dell’impresa, ricordando la rilevanza dei criteri Envirornment, Social and Governace (ESG) per il settore finanziario.

Elisabetta Bottazzoli, project manager Federazione Carta Grafica, farà infine il punto sullo stato di avanzamento del Progetto Sostenibilità ed Economia Circolare destinato a tutte per le aziende associate.

L’evento, organizzato con il sostegno di UniSalute e in collaborazione di BDO e Forum per la Finanza Sostenibile, sarà moderato dal direttore di Federazione Carta Grafica, Andrea Briganti.

 

 

Offitek entra nella famiglia Liyu

L’azienda fiorentina potenzia il core business della stampa industriale e diventa rivenditore ufficiale Liyu per il Centro Italia.

Liyu continua a crescere sul mercato italiano, proseguendo nel percorso di potenziamento della rete distributiva che assicura massima capillarità territoriale. Una strategia che porta il brand a siglare accordi solo con realtà d’eccellenza sul territorio nazionale, come Offitek, che a partire da febbraio 2021 sarà rivenditore autorizzato di tutta la gamma Liyu per il Centro Italia. 

Con sede nel cuore del distretto fiorentino della moda, il core business di Offitek è da sempre la distribuzione delle migliori soluzioni di stampa digitale industriale, con un focus particolare per il direct to garment. È infatti importatore diretto in esclusiva nazionale dei sistemi DTG e Compress, ai quali si affiancano da poco più di un anno anche i prestigiosi sistemi Kornit Digital per la stampa diretta su tessuto.

“I nostri clienti sono industrie tessili, case di moda, ma anche stampatori, tipografi, vetrai, pelletterie, concerie, serigrafie, agenzie di pubblicità e marketing, arredatori, carrozzerie, insegnisti, allestitori”, spiega Marco Pieri, socio fondatore di Offitek. “Realtà che da sempre affianchiamo sin dalla fase di pre-analisi delle specifiche esigenze produttive, guidandole quindi nella scelta e nell’installazione delle migliori tecnologie. Inoltre, in molte occasioni collaboriamo direttamente alla prototipazione e alla messa a punto di linee produttive per progetti applicativi originali”. 

Proprio per rispondere a questo tipo di esigenze, Offitek era alla ricerca di un partner che assicurasse la stessa versatilità e ampiezza di gamma offerta per il settore della stampa su tessuto anche per il mondo del Sign&Graphics. Dopo un’attenta analisi del mercato e dopo averne testato prestazioni e affidabilità nello showroom di Peschiera Borromeo, la scelta è stata Liyu. Il brand propone attualmente la gamma di soluzioni per applicazioni industriali più completa del mercato. Ingegnerizzati per specifici settori verticali, questi sistemi consentono di stampare direttamente su un’ampia varietà di materiali rispondendo efficacemente alle esigenze di molteplici settori, dalla visual communication alla serigrafia, dalla cartotecnica ai diversi comparti dell’industria.

“Con l’ingresso di Liyu nel nostro portfolio intendiamo sviluppare nuovi mercati, puntando a settori come quello dell’arredamento, del vetro e del legno, e a consolidare la presenza nel Sign”, aggiunge Massimo Gori, Direttore Commerciale di Offitek. “Inoltre, le tecnologie Liyu per la stampa su tessuto ci permettono di completare l’offerta anche in questo settore, con interessanti soluzioni per la lavorazione industriale di materiali tessili in bobina”.

L’ampliamento di gamma e la nuova partnership con Liyu rientrano nel piano di sviluppo industriale di Offitek, che entro fine marzo completerà il trasferimento nella nuova sede di Signa, alle porte di Firenze. Qui, disporrà di uno showroom con superficie triplicata dove è prevista l’installazione anche di 3 sistemi Liyu che saranno a disposizione dei clienti di Offitek per test e demo personalizzate. Offitek garantirà inoltre ai clienti Liyu anche i servizi di formazione, training degli operatori, supporto post vendita e assistenza tecnica.

Speciale Inkjet: download gratis!

Lo sappiamo tutti: la tecnologia inkjet oggi non sembra avere più limiti applicativi. Non solo si può stampare su un numero elevato di supporti, dalla carta alla lamiera, dal legno al vetro, su tessuto e su una vasta gamma di materie plastiche, ma si può personalizzare ogni copia e, sempre sulla stessa macchina, raggiungere velocità di produzione degne della stampa tradizionale.

Stiamo parlando della tecnologia delle teste di stampa, della formulazione degli inchiostri e della interazione con il supporto, dei tempi di asciugatura, del pre-trattamento a cui deve essere spesso sottoposto il materiale su cui si andrà a stampare, della fase dell’allestimento e dell’integrazione con il “mondo della stampa convenzionale”.

Forse la parola “segreti” non è proprio corretta; sarebbe meglio dire che molti aspetti devono continuare a essere oggetto di attenta analisi, studio e sperimentazione da parte di chi ha deciso di integrare una soluzione inkjet all’interno della propria azienda come pure da chi quotidianamente la utilizza in produzione.

Prendiamo le teste di stampa inkjet; come sappiamo queste sono il cuore tecnologico di ogni sistema. Da esse dipendono fattori fondamentali come la velocità di stampa, la qualità dell’immagine e l’affidabilità del sistema (nel senso di semplicità di manutenzione e elevata produttività).

Per gli inchiostri è importante conoscere tutte le tipologie tra cui scegliere – UV, solvente, eco-solvente, Latex, base acqua, sublimatici – e adottare accorgimenti utili a evitare problemi inaspettati.

Anche gli ambienti di produzione che accoglieranno le macchine devono essere predisposti; la temperatura dichiarata dai fornitori delle macchine deve essere garantita in modo che le caratteristiche di fluidità e viscosità degli inchiostri siano mantenute e le gocce siano espulse in modo corretto dalle teste di stampa.

Sul fronte della preparazione del file vanno invece considerati gli aspetti di integrazione con il workflow di prestampa soprattutto in quegli ambienti dove coesistono diverse tecnologie di stampa. Questa situazione oggi si presenta come una delle più diffuse, per cui è molto probabile che una commessa pensata per una stampa tradizionale venga invece dirottata su una stampante inkjet allo scopo di ottimizzare tempi e costi di produzione. Fondamentale diventa perciò la possibilità di far “migrare” il file da un sistema all’altro in modo rapido e con garanzia di qualità e consistenza cromatica.

Proprio perché quando si parla di inkjet i temi sul tavolo sono molti, in questo numero Italia Grafica ha dato ampio spazio a questa tecnologia. Articoli tecnici, interviste a fornitori e utilizzatori: siamo certi possano offrire un quadro completo della situazione e aiutare chi deve quotidianamente prendere decisioni di acquisto come pure chi deve gestire la produzione.


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