Da sinistra Andrea Citernesi, Business Driver Gallus, Rinaldo Mattera, Regional Sales Manager di Heidelberg Italia, Marco Barban, titolare di Label Center, e Alberto Mazzoleni Amministratore delegato di Heidelberg Italia.
Da sinistra Andrea Citernesi, Business Driver Gallus, Rinaldo Mattera, Regional Sales Manager di Heidelberg Italia, Marco Barban, titolare di Label Center, e Alberto Mazzoleni Amministratore delegato di Heidelberg Italia.
Heidelberg Italia annuncia che Label Center ha acquistato un sistema per etichette Gallus ECS 340. L’ordine è stato siglato durante l’ultimo giorno di drupa, venerdì 10 giugno.
Label Center nasce come costola di Litocenter, storica azienda padovana con sede a Piazzola sul Brenta. Il titolare, Marco Barban, ha preso questa decisione per soddisfare le crescenti richieste di stampa di etichette da parte della sua clientela. «Gallus ECS 340 è il nostro primo sistema per etichette», ha affermato Barban. «L’abbiamo scelto per avere la sicurezza di poter affrontare le attuali commesse e le nuove sfide con produttività e qualità.»
Il sistema che verrà installato presso la sede dell’azienda è un sette colori completamente accessoriato e full servo, permettendo così la produzione non solo di etichette autoadesive, ma anche di film non supportati. Vanta inoltre un sistema di maniche sleeve (ovvero senza ingranaggi), che mantiene costante la qualità di stampa anche a velocità di produzione molto elevate.
La creatività deve sposarsi alla tecnica per creare un prodotto che sia stampabile. In prestampa un flusso produttivo il più possibile sicuro e automatico diventa strategico per lavorare sull’etichetta. Il primo passo consiste nell’implementare un meccanismo di ricezione file basato sul Web a cui è collegato un programma che smista i file verso il controllo preventivo dei PDF.
Il settore dell’etichetta non è passato indenne alla rivoluzione tecnologica che ha investito le metodologie di prestampa; come tutti gli altri settori, dal commerciale al packaging, c’è stato un forte cambiamento sia a livello di strumenti software che di formati.
A questo poi vanno aggiunti i profondi cambiamenti nel flusso di produzione, nel rapporto che intercorre tra aziende di stampa e clienti e l’avvento della stampa digitale che ha favorito la nascita di nuove aziende. Tutti insieme questi fattori hanno costretto le aziende di settore a rivedere i loro metodi di lavoro e gli strumenti impiegati per realizzarlo. Gli etichettifici presenti sul mercato italiano si suddividono in micro, medie e grandi imprese; questa differenza dimensionale si riflette sugli strumenti software in dotazione nei reparti di prestampa. Oggi i programmi più utilizzati per finalizzare le etichette prima dell’invio in stampa sono principalmente due: Adobe Illustrator e ArtPro di Esko-Artwork. Il primo è più diffuso nelle piccole aziende mentre il secondo è utilizzato nella media e grande azienda. Accanto a questi programmi ne esistono altri, sotto forma di plug-in o come veri e propri software stand-alone ma, in generale, il mercato è appannaggio di quelli appena citati. A volte vengono impiegati i software per l’impaginazione come InDesign e XPress perché alcuni clienti si appoggiano a studi grafici esterni che sanno lavorare solo con questi programmi ma, è bene sottolineare, tali software non hanno le caratteristiche giuste per gestire la creazione di un’etichetta soprattutto se complessa e ricca di nobilitazioni.
Dal punto di vista del formato di interscambio tra cliente e stampatore il PDF, già da qualche anno, è quello più diffuso. Abbiamo chiesto a diversi etichettifici la percentuale di fornitura di file in formato PDF e quasi tutti hanno detto che si attesta sul 90% del totale. Questo dato mette in evidenza un altro aspetto importante e cioè che la progettazione grafica dell’etichetta è esterna all’azienda di stampa nonostante quasi tutti gli etichettifici dichiarino di essere in grado di offrire tale servizio. A fronte di questa situazione si può affermare che oggi l’etichettificio si trova nelle stesse condizioni delle altre aziende di stampa: deve «mettere le mani» su file PDF prodotti da altri per renderli idonei alla stampa e in linea con le esigenze del cliente. Ecco questo è il punto importante su cui fermarsi a riflettere perché nel settore del labeling è sempre necessario intervenire sul file con modifiche legate alla gestione dei colori speciali (Pantone e non solo), all’applicazione del trapping, al controllo della definizione delle aree coinvolte nella finitura (verniciature, rilievi, lamine ecc.), alla sistemazione dei testi per il rispetto delle normative vigenti e altro ancora.
L’editing del pdf
Per poter intervenire sul PDF fornito il software in uso deve operare in modo nativo sul file. Chiariamo prima però il significato di editor nativo PDF perché su questo c’è confusione. Il PDF è un formato le cui specifiche sono state riconosciute come standard da ISO; questo significa che le software house che intendono sviluppare programmi in grado di fare editing sul PDF hanno tutte le informazioni necessarie per poterlo fare. Un software in grado di editare in modo nativo un PDF deve non solo rispettare queste specifiche ma soprattutto non deve in nessun modo operare delle trasformazioni sugli oggetti presenti nel PDF per poterli rendere manipolabili. Un esempio aiuta a capire. I testi presenti nel PDF dell’etichetta possono essere convertiti in tracciati oppure mantenuti nel formato nativo del font a cui appartengono. Alcuni software all’atto dell’apertura del file PDF operano in automatico una conversione in tracciati allo scopo di eliminare qualsiasi problema legato alla gestione del font ma, è bene ricordare, tale procedimento rende difficilissima se non impraticabile la modifica dei testi stessi in presenza di errori o in caso di modifiche.
Quindi una caratteristica che gli editor PDF definiti «nativi» devono avere è quella di mantenere, all’atto della apertura del file, la struttura originaria e abilitare poi tutte le modifiche necessarie. Perché se è vero che le etichette sono file grafici formati da un solo soggetto è altrettanto vero che spesso sono molto complessi poiché in esso si combinano elementi vettoriali, effetti di trasparenza, immagini e sfumature. I pericoli legati a una parziale interpretazione della struttura e degli oggetti presenti nel PDF sono quelli di allungare i tempi di lavorazione e di perdere, nei casi peggiori, elementi della grafica. La scarsa conoscenza delle problematiche di stampa da parte di chi progetta l’etichetta e la complessità di certi lavori è tale da rendere la vita difficile anche ai software più potenti, per questo è fondamentale prestare grande attenzione nella scelta del programma di editing.
Il flusso ideale
I tempi di lavorazione molto stretti hanno costretto gli etichettifici di qualsiasi dimensione a dotarsi di un reparto interno di prestampa. Nel caso di piccole aziende c’è un solo operatore che deve occuparsi di tutto: dal controllo, all’editing fino all’esecuzione dello “step&repeat”. Diventa per questo strategico che il flusso produttivo sia il più possibile sicuro e automatico: il primo passo consiste nell’implementare un meccanismo di ricezione file basato sul Web a cui è collegato un programma che smista i file verso il controllo preventivo dei PDF. Di soluzioni ne esistono tante; si realizzano combinando portali Web che si interfacciano con il gestionale per la notifica della commessa all’ufficio tecnico e con programmi di preflight funzionanti per hot folder. Un approccio di questo tipo consente di raggiungere due obiettivi: tracciamentoecontabilizzazione dei tempi improduttivi dovuti a errori di invio o presenti nel file, controllo preventivo del PDF che evita l’immissione di lavori gravemente errati nel flusso produttivo facendo così risparmiare tempo all’operatore di prestampa. Superato il controllo, il lavoro deve trovare riscontro nelle informazioni presenti in commessa e poi verificato manualmente con il software in dotazione. In genere i controlli sono molto accurati per tutti gli aspetti inerenti la verifica delle sovrastampe, delle trasparenze, la posizione rispetto alla grafica delle zone su cui dovranno essere applicate le nobilitazioni, come la stampa a caldo e rilievi a secco. Terminati i controlli si realizza una bozza in formato PDF da inviare al cliente per l’ottenimento del Visto si Stampi. È un dato di fatto che nelle etichette sono sempre presenti colori speciali oltre a CMYK; proprio per questo è pratica abbastanza diffusa cercare di ottimizzare il numero di inchiostri da impiegare in stampa intervenendo sulle separazioni dei colori del file. Questo significa che, soprattutto per la parte raster dell’etichetta, l’operatore su indicazione dell’ufficio tecnico debba intervenire sulla struttura delle immagini al fine di sostituire uno o più colori di quadricromia con uno o più Pantoni già presenti nel file. Questa operazione, realizzabile con software dedicati o con Photoshop, richiede che l’operatore abbia adeguate conoscenze, riconfermando ancora una volta che in una moderna azienda la tecnologia deve essere gestita da personale competente e opportunamente formato.
L'etichetta è composta da 7 colori. Con il comando Anteprima Separazioni di Adobe Acrobat si vede che i colori presenti sono: la quadricromia + 3 Pantoni.
Con il comando di Anteprima Separazioni di Adobe Acrobat sono stati tolti dalla visualizzazione i canali dei Pantone. Osservando l'immagine si nota che il canale K della quadricromia non è stato utilizzato. In alcune aree (per esempio le ombre della scritta Ventasso) il nero è stato ottenuto con la tricromia dei CMY mentre per dare maggiore dettaglio all'immagine il K è stato sostituito dal Pantone 2748.
Da notare che colore che Pantone 2748 è stato utilizzato anche per altre parti dell’etichetta. Il bar code utilizza il Pantone Process Black CVC. Questo approccio consente di stampare senza l’inchiostro nero senza per questo penalizzare la resa qualitativa.
Un editor nativo
Packz è un editor nativo PDF multipiattaforma per etichette e packaging creato dalla Hybrid software, azienda belga nata nel 2007 presente in Italia con una sede operativa. «Per fare tutte le lavorazioni che un’etichetta può richiedere c’è bisogno di un software dedicato – ci ha detto Luca Rossi, Solution Engineer di Hybrid software, che prosegue – da tempo il PDF è il formato con cui vengono inviati i file allo stampatore. Per rendere possibile, veloce e sicuro l’editing del file, Hybrid software ha creato Packz che, a differenza di altri programmi, interpreta e mantiene il PDF nel formato nativo. Il nostro software non applica alcuna trasformazione al file ma lo lavora mantenendo oggetti e struttura nel formato originale, quello con cui è stato fornito allo stampatore. A differenza altre soluzioni concorrenti, il nostro file rimane un PDF a tutti gli effetti e non viene trasformato in un file con una propria struttura proprietaria incapsulato all’interno di un PDF. «Packz all’apertura del file PDF non va a rasterizzare nulla, non vettorizza i testi, non opera trasformazioni sugli oggetti per renderli editabili. In quest’ottica va vista la funzione di trattamento del testo; infatti quando viene aperto un file PDF il programma acquisisce tutte le necessarie informazioni sui font utilizzati. Come sappiamo una delle caratteristiche più importanti che il PDF ha sempre avuto riguarda proprio la gestione del testo; quando si crea un PDF gli applicativi consentono di inglobare un subset di caratteri del font utilizzato. Packz è in grado di riconoscere e utilizzare queste informazioni in modo da abilitare la modifica del testo senza dover fare riferimento ad alcuna font esterna. Qualora fosse necessario eseguire una modifica che impiega un carattere non presente nel subset, Packz chiede di individuare un font sul system del computer ma ne limiterà l’utilizzo ai soli caratteri non presenti nel subset. Questo approccio evita il pericolo di andare a sostituire con fonti simili i font originariamente inseriti nel file e evita la conversione in tracciati. Un’altra funzione molto importante riguarda la trasparenza; spesso questi effetti giungono allo stampatore in forma «appiattita». Quando sono coinvolte delle immagini, l’appiattimento della trasparenza causa un effetto collaterale che limita notevolmente l’editabilità: la suddivisione della grafica in tanti piccoli oggetti. Packz riesce a ricomporre l’immagine andando a riconoscere i vari elementi abilitando così le necessarie modifiche. Nel caso sia necessario intervenire sulle immagini presenti nel PDF Packz può interloquire con Photoshop in tempo reale.»
Il ruolo delle etichette sta cambiando e gli etichettifici si trovano di fronte a scenari sempre più complessi. Lo stesso “sistema etichetta” si è trasformato in una fitta rete dove si intrecciano gli interessi di clienti, fornitori, consumatori, produttori di macchine e tecnologie; solidità ed efficienza aiutano il settore a crescere, contribuendo a stabilizzare i livelli di impiego e a sostenere l’economia.
Intervista a Jules Lejeune, direttore generale di Finat.
Jules Lejeune, direttore generale di Finat.
Dal 1958 Finat è un punto di riferimento per i produttori di etichette autoadesive, prodotti e servizi correlati; vi aderiscono 500 aziende, attive in 50 Paesi. L’associazione favorisce gli scambi d’informazioni e la condivisione di conoscenze, fattori rilevanti ora che nuovi scenari economici e altrettanto nuove tecnologie influenzano a fondo le dinamiche del settore. Il futuro degli etichettifici dipenderà dalla loro capacità di innovare nonché dalla diffusione e integrazione dell’ICT, dalla sua penetrazione presso tutte le imprese, comprese quelle piccole e piccolissime.
I media parlano a giorni alterni di ripresa o di aggravarsi della crisi. La produzione di etichette è un affidabile indicatore dell’andamento della produzione industriale e dell’economia reale. Cosa vede Finat dal suo osservatorio privilegiato? «L’associazione elabora e condivide con gli addetti ai lavori il Radar Finat, un documento semestrale frutto di una meticolosa raccolta di dati dai quali sono estrapolate tendenze e previsioni per un possibile futuro. Il settore è analizzato da quattro diverse angolazioni: gli utilizzatori di etichette, i converter, i fornitori di materiali, i fornitori di macchine e attrezzature per etichettifici. I dettagli sono riservati ai soli soci, ma mi fa piacere rendervi partecipi di alcune considerazioni: nell’ultimo periodo abbiamo colto diversi segnali che fanno ben sperare per il futuro. Nel primo quadrimestre del 2015 la domanda europea di materiali per etichette autoadesive è aumentata del 7,1% rispetto al medesimo periodo del 2014; dalla fine del 2013 la richiesta dei materiali per etichette di carta in rotoli ha registrato un +5,8%, quella dei materiali per etichette in film plastico un +8,3%. Nel 2014, sono stati lavorati 6,4 miliardi di metri quadri (aggregato etichette in rotoli e in foglio); con una crescita di 320 milioni di metri quadrati anno su anno.»
«L’etichetta multi-versione è all’ordine del giorno: per questo la stampa digitale ha ormai superato l’11% in volumi e il 18% in valore nella produzione dalle aziende che partecipano al RADAR FINAT.»
Se allargassimo il quadro all’ultimo ventennio, cosa vedremmo? «Dal 1996, la produzione è più che raddoppiata con una forte accelerazione dal 2002 a oggi. Il dato è ancor più lusinghiero constatando il considerevole aumento nella produzione delle etichette più pregiate e di quelle in film plastico. Facendo 100 il mondo dell’autoadesivo, oggi in Europa, queste ultime assommano il 25% dei volumi. Non è una cannibalizzazione delle quote di mercato delle etichette autoadesive in carta, ma è un vero e proprio incremento dell’intero settore trainato dall’innovazione di prodotto e dal progressivo abbandono delle etichette carta e colla.»
Ci sono differenze tra i Paesi europei? «La domanda cresce soprattutto nell’Est Europa (+8,7%), seguito dal Sud (+6,3%). L’aggregato UK e Irlanda segna un +5,6%, il Nord +5,2; fanalino di coda è il Centro con +2,6%. Quest’ultima area si conferma però seconda nel mondo per produzione e impiego di sleeve, subito dopo l’Asia.»
Gli etichettifici stanno diversificando la produzione ed entrando pian piano nel settore imballaggi flessibili…. «Un quarto delle aziende partecipanti al Radar Finat ha dichiarato di aver intrapreso, con discreto successo, la produzione di imballaggi flessibili, un altro 15% lo farà a breve. Molti si sono dedicati alle pouch stand up, mercato che dovrebbe crescere del 6% all’anno nei prossimi cinque anni; un’ azienda su cinque produce anche etichette in-mould, comparto di nicchia ma con ottime possibilità di crescita. L’attuale congiuntura favorisce anche la nascita di accordi e di collaborazioni tra etichettifici e altri produttori di packaging o di macchine e linee di confezionamento. Un unico interlocutore riesce così a fornire un servizio integrato e completo, inoltre alcune multinazionali e diversi importanti retailer hanno acquisito o aperto propri etichettifici.»
Parliamo di Futuro…
Quali sono i punti di forza e di debolezza del settore delle etichette? «Est Europa, Cina e India sono i nuovi grandi mercati per i produttori europei, ma le aziende locali imparano in fretta e la concorrenza si inasprisce. È in corso un notevole consolidamento frutto di acquisizioni e fusioni; questi nuovi grandi gruppi cambieranno la regole di un mercato finora contraddistinto dalla piccola e media impresa. Per resistere e crescere sarà necessario innovare e personalizzare i servizi.»
Se le dico “stampa digitale”? «Mike Fairley è solito dire che la stampa flexo è e resterà ancora per anni il “cavallo da tiro pesante” del settore, ma la stampa digitale è in rapida ascesa. Oltre il 30% delle aziende interpellate da Finat ha pianificato l’installazione di una o più macchine digitali. Gli investimenti sono equamente suddivisi tra sistemi a getto di inchiostro (54%) e toner (46%). La qualità di stampa è molto migliorata. Un forte contributo all’innovazione viene anche dalla completa digitalizzazione della prestampa che consente di progettare, produrre prototipi e verificare tutti i dettagli lavorando con clienti situati a migliaia di chilometri di distanza.»
L’entità dei lotti è ancora in diminuzione? «Solo il comparto alimentare lavora ancora con grandi numeri, negli altri la tiratura media non supera gli 8mila metri lineari, l’etichetta multi-versione è all’ordine del giorno. Per questo la stampa digitale ha ormai superato l’11% in volumi e il 18% in valore nella produzione dalle aziende che partecipano al Radar Finat.»
“Smettere di vendere etichette e iniziare a vendere idee” è una buona idea? «L’etichetta che “lascia il segno” nell’immaginario collettivo è frutto di un’idea vincente e di un’ottima qualità di stampa. Durante la seconda convention degli aderenti al Young Managers Club di Finat, Péter Nagy (direttore marketing e vendite della pluripremiata cantina ungherese Nyakas Pince) ha dichiarato: “le etichette non devono fare breccia nella mente, ma nel cuore del consumatore”. Personalizzazione, tutela del marchio e dell’acquirente, nuove tecnologie (codici QR, RFID, NFC, near field communication) vanno in questa direzione. Queste ultime applicazioni offrono una miriade di nuove alternative di stampa. Il poter condividere le informazioni “in cloud”, abbinato a scelte manageriali più impegnative come il passaggio generazionale, produrre in patria o delocalizzare, restare generalisti o specializzarsi, sono solo alcune delle sfide che gli etichettifici affrontano in questi mesi.»
«Personalizzazione, tutela del marchio e dell’acquirente, nuove tecnologie: queste ultime applicazioni offrono una miriade di nuove alternative di stampa. Il poter condividere le informazioni “in cloud”, abbinato a scelte manageriali più impegnative come il passaggio generazionale, produrre in patria o delocalizzare, restare generalisti o specializzarsi, sono solo alcune delle sfide che gli etichettifici affrontano in questi mesi.»
In un contesto dove reale e virtuale saranno sempre più intrecciati ci sarà ancora spazio per le etichette? «Sì, saranno uno dei mezzi per collegare i due mondi. I giovani imprenditori avranno un ruolo fondamentale in tal senso, forti della loro propensione al nuovo e della abitudine a confrontarsi quotidianamente con le nuove tecnologie.»
Gli utilizzatori di etichette autoadesive secondo il Radar Finat
Un quinto preferisce avere un unico interlocutore per tutte le forniture dei materiali di confezionamento.
Un quarto vuole etichette con la certificazione ambientale; un altro 35% ritiene che tale certificazione abbia un’importanza crescente.
Un quarto è disposto a pagare o sta già pagando, qualche cosa di più pur di avere etichette in materiali più ecocompatibili, ma il 50% è dubbioso e il restante 25% non è disponibile a sostenere questi extra costi.
Un terzo indica tra i punti deboli del settore le pretese talvolta poco sensate delle catene della grande distribuzione, la normativa troppo stringente, la scarsa innovazione.
Un terzo non impiega shrink sleeve ma non scarta l’ipotesi di farlo in futuro, il 50% le utilizza e continuerà a farlo.
Un quinto non ha interesse a cambiare fornitore di etichette nel breve periodo; per politiche aziendali, gli altri due terzi chiedono sempre più di un’offerta.
La metà ha spostato gli approvvigionamenti da etichettifici del Centro Europa a etichettifici dell’ Est Europa o extra UE.
Poco meno di tre quarti indica che i motivi che inducono un’azienda a cambiare fornitore di etichette sono: miglioramento della qualità e della affidabilità delle consegne.
I produttori di etichette autoadesive secondo il Radar Finat
Forte crescita (>5%) della domanda di etichette per l’igiene personale, cosmetici e bevande;
crescita soddisfacente (2-4%) della domanda di etichette per prodotti chimici industriali e per la casa, vendita al dettaglio, farmaceutico, alimentare e automobilistico;
crescita lenta (0-2%) della domanda di etichette di beni di consumo durevoli, prodotti per ufficio, trasporto e logistica
tirature dell’ordine medio: 2.000 metri lineari per i prodotti per ufficio, farmaci, beni durevoli, comparto automobilistico, 8.500 metri lineari per i prodotti per la detergenza, 13.000 metri lineari per le etichette per le bevande; gli altri settori hanno tirature comprese tra 5.000-7.000 metri lineari;
Un quinto degli etichettifici intervistati comprerà una macchina da stampa digitale nei prossimi sei mesi; oltre la metà delle macchine acquistate saranno a getto di inchiostro;
un quarto degli etichettifici interpellati produce anche imballaggi flessibili (14%) e/o etichette multipagina (12%) utilizzando le consuete macchine a banda stretta per etichette autoadesive;
più della metà degli etichettifici intervistati ha la certificazione ambientale.
La nuova stampante Mimaki UJV55-320 può utilizzare due bobine diverse dello stesso supporto per una produzione simultanea di due lavori.
MimakiUJV55-320 è stata nominata migliore stampante roll-to-roll di grande formato fino a 320 cm; Mimaki UJF-7151 plus è stata premiata come migliore stampante per oggetti speciali e Mimaki TX300P si è aggiudicata il titolo di migliore stampante tessile roll-to-roll fino a 100 m2/ora. I riconoscimenti sono stati consegnati a Mike Horsten, General Manager Marketing di Mimaki Emea, nel corso della cerimonia di premiazione tenutasi durante drupa. «UJV55-320 (leggi l’approfondimento!) è il complemento perfetto per aziende già esistenti che producono insegne ed espositori e offre una soluzione conveniente agli operatori che desiderano accedere a questo segmento redditizio e in crescita. Mimaki UJF-7151 è la risposta ideale alla richiesta esponenziale di produzioni on demand e campionature, grazie alla sua capacità di fornire rapidamente stampati a mix elevato e a basse tirature».
La stampante Mimaki UJV55-320 può utilizzare due bobine diverse dello stesso supporto per una produzione simultanea di due lavori.
«Con Mimaki TX300P-1800 eravamo consapevoli del passaggio nella produzione tessile dalla stampa analogica a quella digitale e dalla produzione centralizzata a quella distribuita», aggiunge Mike Horsten. «Prevediamo che arriverà un giorno non troppo lontano in cui i consumatori saranno in grado di scaricare o creare i loro modelli anziché essere limitati ai design disponibili in commercio. TX300P-1800 è ideale per questo nuovo modello distribuito della stampa tessile».
Grande formato a prezzi competitivi
UJV55-320 (leggi l’approfondimento!) è una stampante di grande formato roll-to-roll dal prezzo molto competitivo con una velocità che raggiunge i 110 m2/ora e risoluzioni di stampa fino a 1.200 dpi, in base ai supporti utilizzati. Gli inchiostri UV ad asciugatura istantanea consentono una post-elaborazione e operazioni subito dopo la stampa, riducendo in tal modo i tempi di attività e migliorando nel complesso la produttività.
Piccolo formato industriale
La flatbed inkjet UV UJF-7151 plus per applicazioni di piccolo formato a livello industriale garantisce una stampa di alta qualità e massima produttività con un posizionamento estremamente preciso delle gocce di inchiostro e luce fino a 710×510 mm. Premiata come sistema migliore della sua categoria UJF-7151 plus è destinata al settore della serigrafia e migliora la precisione, l’uniformità e l’affidabilità modificando la struttura meccanica del tavolo di stampa. Linee sottili, bordi e testo con caratteri ridotti vengono riprodotti in modo chiarissimo. Consente inoltre la stampa a doppio strato e la stampa a colori su una base bianca.
Stampa su tessuto per piccole tirature
Mimaki TX300P-1800 è la stampante roll-to-roll da 180 cm di luce per la stampa diretta su tessuti sviluppata per soddisfare le richieste di produzione di piccoli lotti e campionature con tempi di consegna sempre più rapidi. TX300P-1800 utilizza una testa di stampa avanzata che garantisce il posizionamento preciso delle gocce di inchiostro anche in presenza di altezza elevate delle teste, consentendo in tal modo una stampa di alta qualità su un’ampia gamma di tessuti, tra cui materiali più spessi e dalla trama fitta.
Il segmento delle etichette di pregio raccontato da un big del mercato. Apre stabilimenti in giro per il mondo per fornire risposte immediate alle esigenze delle aziende locali. E vince con la qualità e il prezzo. È così che Eurostampa consolida il suo successo globale e continua a investire all’estero.
Eurostampa è un vero colosso industriale nel segmento delle etichette di pregio, con oltre 100 milioni di euro di fatturato annuo, otto uffici di rappresentanza estera e ben cinque sedi produttive distribuite tra Europa e Nord America. Dopo lo storico stabilimento di Bene Vagienna, dove lavorano 375 dipendenti, nel corso degli anni sono stati aperti due siti produttivi, a Cincinnati (Ohio) e a Glasgow (Scozia), e un laboratorio di eccellenza nel cuore della Napa Valley per seguire e supportare gli importanti clienti californiani. Subito dopo lo sbarco in California, il gruppo Eurostampa ha inoltre acquisito il 100% dell’azienda francese Poly-Imprim, con sede a Touverac, nei pressi di Cognac, specializzata nella produzione di etichette di alta qualità per vini e alcolici, in particolare cognac e champagne. Ma l’espansione di Eurostampa non è ancora finita: nei prossimi mesi è probabile una nuova acquisizione in Messico, che vanta importanti regioni vinicole, e una in India, dove il settore vitivinicolo sta conoscendo in questi ultimi anni una promettente ascesa.
Con quartier generale a Bene Vagienna, un piccolo comune del Cuneese, la famiglia Cillario sorveglia la produzione mondiale di etichette di qualità per prestigiosi marchi internazionali del wine & spirit, toccando spesso anche il settore brewery, le acque minerali, il mercato chocolate e la cosmesi. I ricavi esteri rappresentano oggi per Eurostampa oltre il 70% del totale e la produzione avviene in ben cinque stabilimenti dislocati tra Stati Uniti ed Europa, che presto diverranno sette. Sono infatti due i siti produttivi che il gruppo cuneese ha intenzione di rilanciare nel prossimo biennio, a seguito di nuove acquisizioni: in Messico e in India, due Paesi in cui la produzione vitivinicola è già molto matura o sta per spiccare il volo. Gli insediamenti produttivi di Eurostampa sembrano scelti laddove il business delle etichette è più ricco e dove le aziende preferiscono avere un etichettificio vicino per gestire al meglio la produzione, i trasporti, i costi e, naturalmente, i contatti diretti.
È questo il segreto del successo di Eurostampa?
Lo chiediamo al suo fondatore e presidente, Luciano Cillario.
Dopo aver lavorato a lungo per i brand occidentali, Cina e altri Paesi emergenti oggi fanno sempre più paura perché hanno ormai appreso il know-how in quasi tutti i campi del sapere. È così anche nel settore delle etichette oppure l’R&D riesce ancora a fare la differenza? «Sicuramente la ricerca e l’innovazione continuano a fare la differenza. La sfida c’è, ma come i Paesi Asiatici possono copiare e venire in Europa anche noi europei possiamo esportare i nostri modelli in Asia utilizzando le risorse locali. In un mondo sempre più globalizzato è ovvio che chi riesce per primo a espandersi nei cinque continenti farà meno fatica a gestire il proprio business globalmente».
Quello delle etichette però si basa principalmente sulla qualità del prodotto, specie nei settori Food & Beverage. Come avete fatto a mantenere alto il livello d’offerta? E perché i clienti si rivolgono proprio a voi? «È difficile dare una risposta sul perché i clienti si rivolgano a noi, in quanto gli aspetti coinvolti sono tanti. Quelli principali sicuramente partono dalla flessibilità della produzione. E già qui andrebbe fatto un bel ragionamento: tutti infatti dichiarano di essere flessibili, basta però osservare per quanti giorni chiuda un’azienda nel periodo estivo per capire quanto venga travisato quest’attributo. Chi una settimana, chi due. Ebbene noi è da più di dieci anni che lavoriamo sempre, senza chiudere mai l’azienda. Quindi, oltre alla flessibilità vera, il rapporto tra prezzi e costi rappresenta un altro fattore fondamentale di successo, soprattutto per i mercati che non crescono e che sono stabili come l’Europa. In questo caso bisogna sempre essere proattivi e proporre migliorie in grado di portare benefici ai clienti. Un ruolo molto significativo in tal senso lo giocano proprio l’innovazione e la ricerca. Ma anche la presenza sui diversi mercati con proprie sedi produttive è altrettanto importante».
A questo proposito, voi avete molti siti produttivi sparsi per il mondo. Ma anche alcuni uffici di rappresentanza. Con quale logica riuscite a presidiare i Paesi esteri? «Il nostro criterio per avvicinarci ai mercati esteri si basa su tre fattori: studio del mercato tramite clienti globali, visite in loco e studi di settore. Lavoriamo molto sull’approccio al mercato tramite le nostre figure interne e anche esterne all’azienda, ma locali, per iniziare a presentare quello che possiamo offrire. Quando si iniziano a vedere risultati soddisfacenti, solitamente si ha convenienza a produrre nei nostri siti attuali fino a un certo numero di pezzi, superati i quali diventa conveniente spostare la produzione direttamente in loco».
Avete aperto un ufficio commerciale a Mosca e avete intenzione di aprire due siti produttivi in Asia Pacific e in Messico entro il 2017. Ce ne vuole parlare? «La Russia è attualmente un mercato che agli occhi di molti può risultare poco stabile, ma Eurostampa ha un approccio molto positivo al riguardo, in quanto i clienti che serviamo sono leader nel segmento della vodka di lusso e vendono i loro prodotti prevalentemente all’estero. Per quanto riguarda i futuri investimenti, stiamo valutando il Messico e l’India, dove sicuramente necessiteremo di siti produttivi. Le decisioni saranno valutate e prese nel breve periodo, dove andremo a pianificare l’espansione per il biennio 2015-2016».
Il cliente russo o asiatico desidera una trattativa molto diversa da quella occidentale e per soddisfarlo occorre conoscere bene le usanze e i rituali di quei Paesi. Quali sono stati, per voi, gli strumenti per avvicinarvi a quei mercati? «È molto importante avere delle persone in loco che possano fare da trait d’union tra culture e realtà diverse. Ma è altrettanto importante che noi portiamo del valore aggiunto, cioè proposte diversificate che facciano incuriosire e stimolare i clienti di nazioni differenti e lontane da noi».
Sì, però sarebbe interessante capire qual è il vostro metodo per raccogliere tutte queste commesse estere… «Non è complicato. A fronte di ricerche valide, individuiamo il Paese in cui si vuole andare a vendere e ci affidiamo a persone locali con cui stipuliamo contratti. Poi, solo successivamente, valutiamo la presenza di un ufficio di rappresentanza. E molto dopo, se le potenzialità di quel mercato lo permettono, ragioniamo anche sull’ipotesi di produrre in loco. Ho semplificato al massimo, ma in realtà questo processo decisionale può anche durare anni. Tutti questi passi danno molta sicurezza ai clienti locali, che vedono e toccano con mano il nostro reale interesse verso di loro con investimenti concreti a costruire solide basi nel medio-lungo periodo».
E non vi spaventa il «gigantismo» di questa prospettiva? «A Eurostampa non piace mai vedere le cose in chiave negativa, cioè come se fossero ostacoli o difficoltà. Tutto quello che serve per crescere viene sempre visto come uno stimolo a migliorare. Con questa convinzione ora la nostra realtà presidia due continenti, Europa e America, coperti da cinque siti produttivi e otto uffici commerciali. Negli altri tre continenti stiamo lavorando affinché nel brevo-medio periodo possiamo essere presenti. Tutto ciò ovviamente comporta investimenti, rischi e sfide sempre più grandi che noi abbiamo deciso di accettare».
Ha qualche consiglio da dare alle Pmi che non possono contare sui volumi o sulle dimensioni per affacciarsi sull’estero? «In realtà credo che ognuno debba trovare la propria strada. Quel che posso raccontare è come Eurostampa ha approcciato e sviluppato l’estero. Sempre investendo nei Paesi stranieri a piccoli passi, in modo tale che i clienti vedessero la nostra piccola presenza sempre crescere. Detto questo, il fattore dimensionale è senz’altro un argomento importante per l’estero ma è anche molto relativo. È fuori dubbio che chi riesce ad avere più presenze in aree diverse potrà meglio affrontare gli sbalzi e le fluttuazioni dei mercati. La nostra volontà è quella di proseguire su questa strada ricercando sempre la soddisfazione del cliente, offrendo un supporto e lavorando con lui e con le sue reali esigenze. Il fatto poi che a qualunque livello il cliente possa sempre interfacciarsi con la proprietà è certamente un plus molto positivo. Che noi continueremo a coltivare con pazienza».
Il parco macchine di Eurostampa a Bene Vagienna Lo stabilimento Eurostampa di Bene Vagienna (CN) è l’headquarter del gruppo ed è anche quello più tecnologicamente all’avanguardia. Al suo interno sono ospitate le linee per etichette in carta e colla e su bobine autoadesive, sleeve e astucci. La produzione industriale avviene in grandi volumi ma anche in tirature limitate grazie alla stampa offset, flexografica, serigrafica e digitale.
Ecco nel dettaglio i macchinari utilizzati:
Stampa offset: – 5 macchine (Roland e Heidelberg) per la stampa carta e colla;
– 5 macchine Gallus per la stampa autoadesiva.
Stampa flexo/serigrafica: – 8 macchine (Omet, Gallus, Nilpeter) per la stampa autoadesiva.
Giulio Olivotto, Consigliere Delegato di Gruppo Lego.
Giulio Olivotto, Consigliere Delegato di Gruppo Lego.
Gruppo Lego è una storica azienda vicentina riconosciuta a livello internazionale nel mondo della stampa e legatoria, da sempre di proprietà della famiglia Olivotto e giunta oggi alla quinta generazione. Una realtà che ha deciso di potenziare il parco macchine investendo per la prima volta in un sistema Heidelberg.
Al centro di questa scelta, la doppia necessità del Gruppo di innovare e contenere i costi, risolta dalla Speedmaster XL 162 8P di Heidelberg. Si tratta di un sistema wide format 120×160 cm a 8 colori con voltura, capace quindi di stampare su ambo i lati del foglio in un solo passaggio. La macchina monta una doppia pinza per la gestione del foglio in uscita, un’innovazione unica introdotta da Heidelberg per garantire al foglio una stabilità prima irraggiungibile.
«Grazie a questo investimento saremo in grado di realizzare volumi superiori a quelli che oggi raggiungiamo con due macchine che stampano solo su un lato del foglio», afferma Giulio Olivotto, Consigliere Delegato di Gruppo Lego.
La macchina, che sarà installata nella sede principale di Vicenza e diverrà operativa da febbraio 2017, (le parti della macchina verranno consegnate nel mese di dicembre 2016: il tempo necessario a preparare il basamento, montarla e collaudarla ci porterà intorno febbraio), consentirà a Lego di accentrare parte della produzione con conseguenti risparmi in termini di logistica e di spazio occupato. Senza contare che ne accrescerà il potenziale produttivo, dando all’azienda un’ulteriore spinta per restare al top del mercato europeo e mondiale.
«Questo investimento è in linea con la nostra vocazione internazionale, che ci vede oggi realizzare il 70% della produzione per l’esportazione, con picchi del 90% nel caso della stampa in piano», commenta Olivotto, che prosegue: «Abbiamo scelto Heidelberg perché la sua offerta era quella che dava la maggior sicurezza a livello tecnologico e di esperienza in questo segmento. Le prove che abbiamo fatto in diverse occasioni hanno messo in luce risultati più che soddisfacenti che, uniti alla qualità tipica di Heidelberg e all’efficienza dei suoi sistemi, ci hanno convinto.»
«Questa vendita è il risultato di uno splendido lavoro iniziato mesi orsono tra Gruppo Lego e Heidelberg. Tecnologicamente abbiamo messo a disposizione il meglio che il costruttore potesse offrire al mercato: automazioni nei cambi di lavoro; un sistema di voltura innovativo a tre cilindri completamente automatico che permette la stampa in bianca garantendo una qualità sorprendente; un sistema di controllo spettrofotometrico Inpress Control capace di misurare il foglio in bianca e volta direttamente in macchina senza la necessità di estrarlo; l’uscita a doppia pinza, nuovo progetto di Heidelberg studiato appositamente per le macchine in voltura di grande formato. Questo condensato tecnologico, supportato da test di produzione, ha convinto il Gruppo della validità della tecnologia Heidelberg Speedmaster XL 162 8P», afferma Mauro Antonini, Manager di prodotto della divisione Sheetfed Postpress Packaging di Heidelberg Italia. «Gruppo Lego è un’azienda con all’interno un elevatissimo livello di competenza, uno dei principali player del mercato europeo e mondiale del segmento editoriale, una realtà che ha fatto dell’innovazione e della produttività un suo credo. Avere creato le condizioni affinché la scelta della famiglia Olivotto fosse rivolta ad Heidelberg è per noi motivo di soddisfazione e orgoglio».
Secondo Cron, il sistema, presentato in demo a drupa, introdurrà nuovi livelli di efficienza per gli stampatori offset. Il nuovo sistema EZcolor non solo riduce gli sprechi e migliora la qualità, ma abbassa il punto in cui l’offset in basse tirature diventa redditizio. In questo modo, EZcolor si colloca in una posizione tale da sfidare la forte tenuta della stampa digitale per quanto riguarda tirature di poche copie.
«EZcolor è una tecnologia completamente nuova che collega la prestampa alla stampa,» spiega Mike Xiang, Amministratore Delegato e fondatore di Cron. «Questo ci avvicina di un passo al Santo Graal di Cron: zero sprechi e colore perfetto. Oltre a migliorare la qualità e uniformità della stampa, prevediamo che gli sprechi di carta possano essere ridotti in misura equivalente ai livelli delle macchine da stampa digitali, con risparmi fino al 90%. EZcolor semplifica il raggiungimento di una migliore conformità con gli standard ISO.»
All’interno della struttura di EZcolor, getti di inchiostro erogati da micro-pompe distribuiscono l’inchiostro direttamente sul rullo della prima forma. Il controllo dei getti avviene tramite i dati CIP3/CIP4 che lavorano in combinazione con un database Expert in grado di prevedere esattamente il fabbisogno di inchiostro nelle condizioni di stampa specifiche. Il risultante controllo del volume di inchiostro, con una tolleranza pari a +/-1%, mantiene l’equilibrio fra erogazione e consumo, garantendo così una maggiore uniformità del colore su tutti i lavori stampati. Una pre-inchiostrazione di precisione su ciascuna unità di stampa, anch’essa guidata dal database Expert, assicura tempi di approntamento estremamente rapidi e un colore accurato dopo pochi giri. Tali vantaggi danno agli utenti offset una maggiore capacità di competere con la stampa digitale per le basse tirature.
EZcolor assicura una maggiore accuratezza per le aree a copertura leggera, in cui variazioni dell’inchiostro di minima entità possono produrre differenze visive notevoli in termini di qualità delle immagini, in quanto il volume di inchiostro viene misurato esattamente in modo da corrispondere ai requisiti di densità per ciascuna zona della segnatura stampata. Il controllo completamente digitale dell’inchiostro offerto da EZcolor evita inoltre gli impatti dovuti a condizioni instabili, come viscosità, temperatura, umidità, velocità di funzionamento della macchina da stampa e qualsiasi altro aspetto che potrebbe incidere sul trasferimento dell’inchiostro in sistemi a calamai aperti.
EZcolor è facile da usare grazie al suo design creativo e al funzionamento intuitivo. Il cuore del sistema è costituito da un collettore racchiuso che sostituisce l’ingombrante calamaio presente nelle macchine offset di tipo tradizionale. Essendo racchiuso, il sistema EZcolor elimina il rischio di contaminazione degli inchiostri e i problemi associati ai sistemi a calamai aperti inerenti alle variazioni di viscosità dovute all’evaporazione dei solventi. Inoltre, non è necessario un sistema di agitazione per mantenere fluido l’inchiostro.
EZcolor presenta pochissime parti in movimento e un’alimentazione dell’inchiostro sotto pressione, caratteristiche che lo rendono intrinsecamente affidabile e in grado di mantenere elevati livelli di operatività. Nella rara eventualità che si presenti un problema, gli ugelli dell’inchiostro sono facili da pulire, e per riportare il sistema al funzionamento completo bastano pochi minuti.
«Cercare di chiudere il cerchio fra prestampa e stampa sta diventando sempre più frequente. Ma le soluzioni attualmente disponibili sono non solo imperfette, ma anche non disponibili per chi utilizza macchine da stampa più vecchie,» spiega Derek Sizer, direttore regionale di Cron per l’area Emear. «Essendo modulare, EZcolor può essere installato a posteriori su qualsiasi macchina offset, il che significa che qualunque stampatore può beneficiare di una migliorata qualità delle immagini, di una riduzione degli sprechi e di tempi di preparazione sensibilmente più brevi. E poi, ovviamente, grazie ai risparmi di tempo, in ogni turno è possibile ultimare una maggiore quantità di lavoro, migliorando la redditività complessiva della sala stampa.»
Cimpress ha aperto le porte dei propri stabilimenti, rivelando i suoi numeri da record: noi siamo stati a visitare l’impero di Venlo, e qui ve lo raccontiamo.
Chi si ostina ad affermare che la stampa è morta e questo business, proprio perché eccessivamente maturo, non possa più essere interessante dal punto di vista dei profitti, non conosce Cimpress e la sua sorprendente crescita. L’azienda olandese, definibile a tutti gli effetti una multinazionale del Web-to-print, dal momento della sua fondazione nel 2004 a oggi ha conosciuto una crescita esponenziale con investimenti continui in tecnologia all’avanguardia e un’espansione planetaria, grazie a un serie sistematica di acquisizioni. La statunitense VistaPrint, le italiane Pixartprinting ed Exaprint, la belga Priendeal, la olandese Albelli, l’inglese Tradeprint, la francese Printishop e la tedesca WIRmachenDruck – solo per citarne alcune – sono entrate a far parte di questo «impero».
Il Gruppo, nel 2015, ha prodotto nei suoi 1.500.000 m2 di stabilimenti 46.000.000 di pezzi unici customizzati, 4.000.000 cartelloni di grande formato e 6.129.341 capi di abbigliamento personalizzati. Ma la cifra più sbalorditiva riguarda i nove zeri dei biglietti da visita stampati e distribuiti, che hanno raggiunto il traguardo dei 5.900.000.000. Numeri possibili grazie a un modello organizzativo che trascende le logiche dell’industria della stampa tradizionale per adottare quelle dell’e-commerce i cui punti di forza sono la capillarizzazione e la consegna rapida. In questo gioca il ruolo da protagonista lo gioca la piattaforma informatica proprietaria MCP, in grado di creare un network sofisticato di raccolta dati, gestione della produzione e logistica.
L’industria di stampa più grande di sempre
Sulla mappa del mondo le conquiste di Cimpress toccano tutti i continenti a eccezione dell’Africa: la diffusione coinvolge 20 paesi, con 40 uffici e 50 siti internet localizzati. La presenza più massiccia riguarda l’Europa in cui gli stabilimenti sono 20, di cui il più grande (34.200 m2) si trova a Venlo nel quartier generale che oggi per la prima volta apre le sue porte alla stampa internazionale di settore per mostrare il proprio sito produttivo. La sede si trova poco lontano da Düsseldorf, dove si è appena conclusa un’edizione di drupa in cui Cimpress ha fatto parlare di sé per l’annuncio di un ordine di oltre 20 macchine Landa S10P Nanographic Printing. «Abbiamo individuato nella Landa Nanography la tecnologia più adatta alle nostre esigenze di azienda che ha raggiunto in breve tempo una produzione con volumi industriali – dichiara Robert Keane, presidente e chief executive officer di Cimpress, che prosegue – l’acquisizione di queste macchine ci permetterà di essere ancora più competitivi in quanto sono in grado di stampare in modo rapido ed efficiente, con una buona qualità e con costi contenuti. Queste installazioni ci permetteranno di migrare gli alti volumi dalla stampa offset a questa nuova tecnologia».
Robert Keane, presidente e chief executive officer di Cimpress.
Gli inventori della mass customization
La formula di tale successo consiste nel modello di business ed è semplice a dirsi: «Ci siamo posti l’obiettivo di diventare i leader mondiali della mass customization rivoluzionando i mercati tradizionali – spiega Bernie Gracy, SVP product manager – abbiamo creato un sistema in grado di realizzare piccole tirature e anche pezzi unici personalizzati con le regole della produzione di massa, ovvero in grado di essere efficiente, rapido, affidabile e di offrire una buona qualità, ma soprattutto sfruttando le economie di scala della produzione industriale».
Bernie Gracy, SVP product manager.
L’equazione vincente della mass customization – che di per sé può sembrare un ossimoro – è presto fatta: ottimizzazione dei costi a livelli di produzione in larghissima scala e un prezzo di vendita, per quanto accessibile, superiore a quello di un prodotto anonimo in quanto offre il valore aggiunto della personalizzazione e dei tempi di consegna rapidissimi. In altre parole è il costo unitario a fare la differenza. Il risultato è profitto, ma non solo, anche crescita esponenziale. Naturalmente gioca un ruolo di primo piano la focalizzazione su quattro target precisi: PMI, rivenditori, BtoC, grafici e agenzie.
Da produzione, a personalizzazione, di massa
«Oggi lo stabilimento di Venlo serve tutta Europa distribuendo circa 33.000 ordini al giorno, che fanno a capo a un portfolio multi brand, numero che raggiunge il picco di 125.000 durante le festività natalizie» specifica George Horvat, VP Plant Operations.
George Horvat, VP Plant Operations.
La produzione è organizzata secondo una logica lean in quattro macroreparti: piccolo formato (produzione fino al formato B1); grande formato, in controtendenza con le sale stampa tradizionali le offset sono posizionate in quest’area; decorazione (personalizzazione oggetti promozionali); e ricamo. I brand delle macchine installate sono tutti nascosti dietro al logo Cimpress che campeggia su ogni singolo dispositivo, secondo una politica di assoluta democratizzazione e standardizzazione dei rapporti con i fornitori. A quelli produttivi si aggiungono i reparti di imballaggio e logistica, anello finale della catena. Ogni dipendente deve avere almeno tre specializzazioni in modo da consentire una perfetta flessibilità ed efficienza finalizzata a far fronte alle variazioni dei picchi di lavoro. Per avere un’idea dell’efficienza produttiva basta pensare che vengono stampati oltre 50.000 adesivi al minuto.
Tutto questo ci fa pensare a un ingranaggio perfetto che esige che non trascorrano più di 45 minuti dal momento in cui un ordine è pronto al suo arrivo nella piattaforma di spedizione a esso assegnata. E alla domanda, che sorge spontanea, se possiamo definire Cimpress l’Amazon della stampa, Ceryl Wadsworth, responsabile media relations, risponde: «Non ancora: ma perché no, la nostra ambizione è di continuare a crescere».
Mike Fairley è uno scrittore conosciuto a livello internazionale, consulente del settore printing, packaging, security e label industry.
Nel mondo del packaging, qualcuno le considera un mondo un po’ a parte: quarant’anni fa le etichette autoadesive rappresentavano solo il 10% del mercato, mentre oggi hanno raggiunto il 40%, una crescita notevole che, secondo Mike Fairley, è dipeso anche da forze trainanti esterne, come l’aumento demografico.
Mike Fairley è uno scrittore conosciuto a livello internazionale, consulente del settore printing, packaging, security e label industry.
Negli anni vi sono stati importanti cambiamenti che hanno causato delle inversioni di tendenza, in primis la crescita dei paesi asiatici: prima il settore europeo delle etichette rappresentava il 45% dell’intera produzione di etichette nel mondo, mentre l’Asia e il Pacifico erano soltanto il 10%; oggi la Cina ha superato il 30% della produzione mondiale delle etichette, e l’Europa è scesa al 32-33% ma si concentra maggiormente sui prodotti di alta gamma mentre la produzione di massa delle etichette è maggiormente localizzata in Cina.
Il secondo aspetto critico è la globalizzazione, a causa della quale i proprietari di marchi stanno creando siti di produzione in quei Paesi in cui i costi sono più bassi. E infine le normative, come quella riguardante le etichette alimentari, che hanno avuto un forte impatto su questo settore. «Il modo in cui un’azienda è in grado di reagire a tali cambiamenti porterà a crescere o meno», afferma Fairley – esperto internazionale di etichette, e ospite d’onore al convegno Gipea di Lido di Camaiore – «e finora il settore delle etichette autoadesive si è sempre mostrato in grado di reagire molto velocemente».
L’Europa sotto la lente di ingrandimento
Ma osserviamo qualche dato: se guardiamo alle dimensioni del mercato delle etichette in Europa, possiamo vedere che la crescita globale per gli autoadesivi è stata più o meno tra il 4 e il 5%, e se prendiamo l’intero mercato degli autoadesivi in Europa, la produzione di etichette supera i 6 miliardi di metri quadri. Quanto ai singoli Paesi, la Germania viene vista un po’ come l’industria più forte e attiva in Europa, mentre l’Italia è più produttiva rispetto al Regno Unito e alla Francia sebbene abbia un indice demografico leggermente inferiore. Se parliamo di etichette di carta autoadesive, nel Regno Unito, in Irlanda e nel Sud Europa la crescita è positiva, mentre in Europa centrale, soprattutto in Germania, non c’è stata crescita. Se invece parliamo di pellicole, la crescita è il doppio rispetto alla carta, con differenze che variano tra i diversi paesi: valori positivi in Europa centrale, ma ancora migliori in Europa meridionale, Regno Unito e Irlanda.
E per consolidare le proprie strategie di business, negli ultimi anni non sono state infrequenti fusioni o acquisizioni a livello europeo e globale: diversi gruppi di investimento, interessati a questo settore, hanno infatti cominciato ad acquistare direttamente i loro clienti, produttori di vino o di birra: un fenomeno che, secondo Fairley, potrebbe riguardare anche l’Italia nei prossimi cinque-dieci anni.
Il settore delle etichette in Europa (fonte Eurostat). La classifica dei primi cinque produttori di etichette: 1. Germania (popolazione circa 82 milioni); 2. Regno Unito (popolazione circa 62 milioni); 3. Francia (popolazione circa 63 milioni); 4. Italia (popolazione circa 58 milioni); 5. Spagna (popolazione circa 47 milioni).
I principali etichettifici
Considerando i più importanti ventiquattro etichettifici al mondo, sempre nella lettura di Fairley, vi sono aziende che hanno un fatturato intorno e oltre i 100 milioni di dollari, e detengono oggi il 10% del fatturato mondiale delle etichette. Per fare qualche nome, la canadese CCL ha un fatturato che è pari a due volte e mezzo l’intero fatturato degli etichettifici italiani. Nella «hit parade», di italiani c’è n’è uno, Eurostampa, tre sono nel Regno Unito, tre in Germania, poi vi sono gruppi in Taiwan che stanno acquistando etichettifici in Europa, e il gruppo sud Coreano Hansol, fornitore in verità di materiali termici, che sta esplorando settori molto più redditizi e che si integrano con la loro produzione in modo da crescere sempre più.
Queste sono le grandi aziende che stanno dominando il mercato delle etichette: hanno siti in vari paesi e regioni come in Europa e in Cina, stanno crescendo molto tramite fusioni, facendo investimenti, o acquistando direttamente produttori di vino, bevande o birra, proprio per dominare determinati settori. Oppure accade anche l’opposto, che siano i produttori di vino ad acquistare produttori di etichette.
Italia: il quadro strutturale, un settore in crescita.
(Fonti: indagine Eurostat e indagine presso i fornitori di materiali autoadesivi).
Il quadro strutturale: la crescita si è accompagnata a un incremento di marginalità per le imprese.
Il quadro strutturale: il settore rimane frammentato.
Le evoluzioni della tecnologia e le sfide da affrontare
Dal punto di vista della tecnologia, spiega Fairley, al momento è la stampa digitale che si sta facendo più apprezzare nel mondo delle etichette, con un totale installato in Europa di quasi 600 macchine da stampa. Guardando al futuro, sono molte le sfide da affrontare per gli etichettifici europei: molti sono i fattori interni di governance relativa ai singoli paesi, o i fattori internazionali che poco si possono controllare e a cui bisogna solo tenere testa. Ma ci sono anche altri fattori che hanno un impatto notevole sugli etichettifici, come l’ambiente e la sostenibilità, l’impatto delle normative europee, e poi i progressi tecnologici, la crescita della stampa digitale, le normative sull’etichettatura alimentare, le etichette intelligenti, e bisogna essere pronti a inserire tutti questi elementi, che significa avere personale competente.
L’Italia sotto la lente di ingrandimento
Secondo l’Osservatorio Economico (dati 2015) presentato daFederico Viscontie Gianluca Cinti, in Italia il settore appare in crescita, una crescita accompagnata a un aumento di marginalità per le imprese. Un valore che non è tradotto in maggiore indebitamento – spiega Gianluca Cinti – ma che, al contrario, può costituire ritorni interessanti investendo nel settore. Da cause storiche, tipiche della cultura italiana ed economiche (localismi e distanze geografiche), la nostra è un’industria ancora frammentata, sebbene matura, ma ancora radicata sul mercato interno e probabilmente alla ricerca di nuove condizioni di equilibrio.
Un settore che è il risultato degli straordinari spazi di segmentazione che storicamente si sono generati, di tipologia di prodotti, di comparti di utilizzazione o di ambiti geografici. Ma questi spazi ci saranno sempre?
E soprattutto, le nicchie saranno sempre remunerative? E quali sono i confini del settore? Ha senso ipotizzare fenomeni di ricomposizione, per esempio tra etichette e cartotecnica o etichette e flessibile? Nel settore si possono riconoscere tanti modi di fare impresa, precisa Cinti: per dimensione e propensione alla crescita, per specializzazione o diversificazione, per vocazione all’export, per propensione all’innovazione tecnologica e di processo o per contenuto di servizio o di marketing. E la varietà di modelli imprenditoriali è confermata dalla dispersione delle performance delle aziende intorno alle medie.
In questo contesto, le sfide sul tavolo degli imprenditori, e quindi le risposte delle imprese, sembrano essere la costruzione e la protezione di nicchie di valore, la crescita attraverso investimenti diretti (nuovi prodotti, tecnologie persone o conoscenze), la crescita attraverso alleanze o acquisizioni e l’internazionalizzazione.
A Düsseldorf, dal 23 giugno al 3 luglio 2020 si terrà la prossima edizione di drupa, tra 4 anni quindi, invece che tra 3, come precedentemente annunciato.
Con questa decisione Messe Düsseldorf risponde ai player del settore: «Questa drupa, che ha stabilito numerose trattative commerciali, e la positiva atmosfera, spicca, e chiaramente ci dice che il suo unico intento è mostrare in funzione le linee produttive – speiga Werner M. Dornscheidt, Presidente e CEO di Messe Düsseldorf, e aggiunge – questo è uno dei motivi per i quali drupa è un faro. [..] Quindi drupa torna alla sua tradizionale ciclicità.»
Il riposizionamento di drupa e il suo focus sul futuro, così come la durata (più beve) del’evento, si sono rivelate tutte scelte vincenti: l’evento più importante del settore durerà ancora fino al 10 giugno. Ad oggi 1.837 espositori da 54 Paesi stanno prendendo parte a drupa: innovazioni e applicazioni per la stampa e la crossmedialità, in 19 padiglioni.
Circa 200.000 visitatoti da 183 Paesi hanno visitato drupa dal giorno di apertura dell’evento. E la percentuale dei visitatori dal mondo intero è stata altissima, mai come quest’anno: 78%.