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Il packaging per il settore alimentare

La richiesta di cibi pronti con ingredienti personalizzati, la riduzione dell’impatto ambientale degli imballaggi, la riorganizzazione della logistica imposta dalla globalizzazione e dalla diffusione dell’e-commerce guidano la progettazione del food packaging.

Con il cambiamento degli stili di vita e l’aumento degli acquisti online anche gli imballaggi per alimenti si rinnovano.

I nuovi contenitori devono essere versatili, funzionali e attraenti sia per la pubblicità e la distribuzione convenzionali, sia per la comunicazione e gli acquisti in Rete.

Personalizzazione del packaging e dell’alimento si intrecciano e trovano nuove vie per superare il problema degli extracosti e della minor produttività che tali scelte impongono al confezionamento industriale. Tra queste l’idea di frazionare le diverse fasi del processo. Accade per esempio con le confezioni multiscomparto delle insalate di IV gamma. Alla vaschetta base che contiene un’insalata indifferenziata, si sovrappone un vassoio plurialveolato al quale, su linee satelliti presso la medesima azienda di produzione, in centri di distribuzione attrezzati o nel punto vendita, sono aggiunti gli ingredienti e i condimenti caratterizzanti. Lo yogurt segue un percorso similare, l’aromatizzazione della base bianca passa dal caseificio al punto vendita dotato di una o più confezionatrici rotative che riempiono i vasetti con ingredienti scelti dall’acquirente. Il vantaggio è duplice: personalizzazione del prodotti e garanzia di freschezza/funzionalità degli ingredienti aggiunti. Progettare un vasetto per questa filiera breve è molto diverso dal progettare un vasetto per la distribuzione classica. Il web favorisce una personalizzazione ancor più spinta. È il caso dell’azienda scozzese Andrews of Bothwell Ltd che, tramite il sito www.whiskyblender.com, invita i clienti a creare un proprio blend. Il cliente, poi chiamato a dare il nome al prodotto e disegnarne l’etichetta, diventa il comaker di una bottiglia unica, da conservare, riutilizzare, collezionare.

Tra vintage ed edizioni limitate

Quando troppa tecnologia o troppo minimalismo non si addicono al marchio, le aziende alimentari si affidano a un packaging vintage: confezioni dall’aspetto familiare, talvolta nostalgico, riedizioni di grafiche storiche a sottolineare la longevità della marca, sinonimo di garanzia di qualità del prodotto. Il packaging vintage rende rassicurante anche un marchio relativamente nuovo.

Trasmette autenticità, affidabilità e immediata riconoscibilità. Lo stratagemma grafico più utilizzato è un font che riproduca la scrittura manuale. Conferisce alla confezione un’immagine calda, autentica, artigianale atta a ricordare che dietro a quel prodotto ci sono delle persone. Altrettanto efficaci sono le edizioni limitate che trasformano il packaging in un oggetto da collezione.

Si pensi per esempio alle reiterate campagne declinate da Nutella Ferrero, dapprima etichette con i nomi propri, a seguire i messaggi positivi per augurare una buona giornata rafforzati dalle campagne web The Message Deliverye Messaggi in Barattolo e dal temporary eshop dove gli utenti personalizzano e acquistano online il proprio barattolo. È stata poi la volta delle Dialettichette decorate con 135 diverse frasi dialettali, di Nutella Lampada dove la decorazione trasformava il barattolo in un diffusore colorato e di Nutella Unica, dove ogni etichetta aveva una grafica diversa attestata da un codice di autenticazione.

In tutti questi casi la confezione sarà conservata ben oltre il termine della shelf life del prodotto, di qui la necessità di un materiale e di una stampa che durino nel tempo.

La multisensorialità

Quando si coinvolgono più sensi si ha un effetto iper additivo sulle cellule nervose. La vista è colpita dal colore e dagli effetti ottici trasmessi dal packaging e ha ancor più importanza oggi, con lo shopping online, dove la confezione deve poter essere valutata in maniera mediata dallo schermo di un dispositivo elettronico. Ci sono poi le sensazioni tattili. Liscio, ruvido, morbido, setoso, freddo, caldo sono solo alcune delle sensazioni ricavabili con il tatto. Ma il tatto è utilizzato anche per veicolare importanti informazioni atte a evitare sprechi. Ne è un esempio il Bump Marksviluppato dalla designer Solveiga Pakastaite. Si tratta di una piccola etichetta multistrato contenente della gelatina bioattiva, la cui formula è calibrata in funzione della shelf life del prodotto che riporterà l’etichetta stessa. Dall’esterno verso l’interno è composta da: un film plastico stampabile, uno strato di gelatina bioattiva, uno strato di plastica rigido con protuberanze e dove gli spazi vuoti sono colmati dalla gelatina in modo che l’etichetta si presenti piana e per finire da un film plastico che andrà a contatto con la confezione. L’etichetta è inizialmente liscia al tatto, con il passare del tempo la gelatina si liquefa evidenziando le protuberanze. Toccando l’etichetta il consumatore sa che il prodotto ha superato la shelf life e non può più essere ingerito.

Personalizzato, compostabile, edibile: le ultime tendenze degli imballaggi per il food.

La stampa 3D

Nella progettazione packaging alimentare, la stampa 3D è utilizzata soprattutto per ridurre i tempi di prototipazione e per correggerne gli errori. I software per la stampa 3D permettono di creare tracciati vettoriali su misura, visualizzare il modello completo di grafica personalizzata e stampare l’imballaggio senza dover investire in attrezzature, fustelle e software dedicati.

Un’altra interessante evoluzione è la possibilità di rendere un tutt’uno packaging e prodotto. Lo ha fatto Smart Cups, azienda che produce bicchieri in biopolimero, biodegadabilie. Sul fondo interno del bicchiere sono stampate in 3D delle microcapsule solubili in acqua contenenti coloranti, aromi, vitamine e sali minerali. Il bicchiere è venduto tal quale in confezioni da 5, 10 o 20 pezzi. È sufficiente riempirlo con 266 ml di acqua per ottenere una bevanda funzionale, pronta da gustare. I bicchieri sono impilabili e ogni fila da 10 pezzi occupa lo stesso spazio in altezza di una bottiglia da 250 ml con notevoli riduzioni dei costi logistici, in termini di spazio di stoccaggio ed ottimizzazione dei trasporti. Un autoarticolato carico di Smart Cups trasporta oltre 10 volte le stesse bevande confezionate in bottiglie tradizionali e il peso del carico è decisamente inferiore.

Ambiente

L’uso di imballaggi biodegradabili, compostabili, riciclabili o riutilizzabili è importante per le aziende perché è importante per i consumatori. Da tempo si citano i biopolimericome un’area di possibile evoluzione del food packaging, in quanto utili dal punto di vista delle materie prime di partenza, del recupero dell’imballaggio a fine vita, e per sganciarsi dal mutevole andamento di disponibilità e di prezzi dei prodotti petroliferi.

La biodegradabilità è la caratteristica che accomuna le sostanze naturali che, essendo assimilate dai microrganismi, possono essere reimmesse nel ciclo biologico. Il processo avviene in due fasi: la frammentazione del materiale favorita da umidità, calore, enzimi, raggi UV e la biodegradazione vera e propria a opera di microrganismi, che utilizzano i suddetti frammenti come fonte alimentare e di energia trasformandoli in CO2 e acqua in tempi accettabili. La compostabilità è la capacità di un materiale di trasformarsi in compost mediante compostaggio. I materiali compostabili devono essere biodegradabili, disintegrabili, non devono incidere negativamente sulla qualità del compost. La biodegradabilità è valutata misurando la conversione metabolica del materiale compostabile in anidride carbonica. La valutazione quantitativa e temporale è effettuata con un metodo di prova standard.

La disintegrabilità è la frammentazione e perdita di visibilità del materiale nel compost finale. È misurata con una prova di compostaggio su scala pilota. Il materiale è biodegradato con dei rifiuti organici per 3 mesi, il compost ottenuto è vagliato con un setaccio di 2 mm di luce. I residui del materiale di prova aventi dimensioni superiori a 2 mm non devono ammontare a più del 10% della massa iniziale. L’assenza di effetti negativi sul processo di compostaggio e sulla qualità del compost sono verificate rispettivamente con una prova di compostaggio su scala pilota e con una prova di crescita di piante eseguita su campioni di compost ottenuto dal materiale di prova. Non si devono esserci differenze rispetto ad un compost di controllo.

Particolarmente originali in tal senso sono le scatole in fibra cellulosica da materiale riciclato, riciclabile, compostabile, biodegradabile nella cui struttura sono inseriti semi ricavati da piante coltivate rispettando gli obblighi imposti dalla normativa sulla agricoltura biologica. Terminato il prodotto, il consumatore immerge il contenitore in acqua per un minuto circa e lo sotterra. Dopo qualche settimana nasceranno piante di erbe medicinali e aromatiche.

I biopolimeri

Attualmente, nel settore degli imballaggi si impiegano soprattutto polimeri ottenuti da derivati del petrolio. Sottoposte a cracking le catene idrocarburiche si rompono e si ottengono le molecole utilizzabili per la produzione della plastica. Fin dagli anni ’80 del secolo scorso si sono cercati nuovi sistemi per produrre polimeri di origine non petrolchimica, sia biodegradabili, sia non biodegradabili. L’adozione su larga scala di questi materiali è stata finora rallentata dal prezzo superiore a quello dei polimeri tradizionali, da performance non sempre accettabili, da difficoltà di produzione su impianti tradizionalmente impiegati nel comparto plastica. Quanto finora utilizzato in ambito food packaging può essere suddiviso in tre grandi categorie.

La prima è costituita da polimeri estratti come tali dalle biomasse, tra questi i più utilizzati sono i polisaccaridi di origine vegetale (cellulosa, amido, pectine, gomma arabica); i polisaccaridi di origine marina (carragenani e agar dalle Rodoficee, alginati dalle Feoficee); i polisaccaridi di origine microbica (gellano, destrano, xantano, scleroglucano); i polisaccaridi di origine animale (chitosano e glicogeno).

La seconda categoria è costituita dai polimeri sintetici, primo fra tutti il PLA (acido polilattico) ottenuto dalla fermentazione dall’amido di mais.

La terza categoria è costituita da polimeri prodotti da microrganismi, per esempio il PHA (poliidrossialcanoati) e derivati. L’amido è un polisaccaride molto diffuso in natura, è miscelato ad altri polimeri per ottenere materiali processabili.

Dai suddetti blend si ricavano materiali plastici flessibili o rigidi.

Alcuni anni fa la quota di biopolimeri da amido era molto elevata, oggi il mercato guarda con maggior favore ai biopolimeri ricavati da biomonomeri. L’ applicazione più diffusa è la produzione di vaschette in espanso per prodotti ortofrutticoli. Sono disponibili in vari spessori, forme e formati, sono igieniche e idonee al contatto con gli alimenti, attutiscono gli urti proteggendo il contenuto da ammaccature e altri danni. Il PLA è versatile, riciclabile con tecniche meccaniche o chimiche, compostabile, ma è relativamente fragile, non resiste alle alte temperature, non è utilizzabile per il riscaldamento al microonde e per il contatto con prodotti caldi.

È utilizzato principalmente come adesivo per laminazione di film nel settore dell’imballaggio, come film sottile o per imballaggi rigidi non barriera (vassoi per gastronomia, stoviglie per il catering). L’utilizzo delle bioplastiche riduce l’impatto ambientale, ma non risolve il problema. Sono pertanto allo studio sistemi che consentano di evitare la produzione di rifiuti correlati al cibo in termini di sprechi alimentari e di imballaggi da smaltire. Di qui il grande impulso alla ricerca di polimeri edibili da utilizzare come coating direttamente sul prodotto o per produrre imballaggi edibili, meglio se termoformabili come gli attuali contenitori di plastica.

Mangiare o sgranocchiare anche il contenitore

Le perplessità sugli imballaggi edibili vanno dei pari passo con quelle sull’uso degli insetti in cucina. Eppure mangiamo imballaggi ogni giorno, si pensi per esempio alla buccia di frutta e verdura, alla parigina del gelato, alla pasta e alle coperture di cioccolato che racchiudono un ripieno.

L’obiezione è sempre la stessa, ingerire un imballaggio non è igienico, ma rispetto agli imballaggi tradizionali il packaging edibile avrebbe alcuni considerevoli vantaggi: non grava sulla filiera dei rifiuti, se abbandonato nell’ambiente degrada in breve tempo; permette un rilascio controllato dei conservanti o degli antimicrobici eventualmente incorporati nella sua struttura o spalmati sulla sua superficie; se addizionato di aromi, coloranti, edulcoranti migliora le caratteristiche organolettiche dell’alimento confezionato; può apportare nutrienti, si pensi per esempio a imballaggi edibili a base proteica; può separare gli strati di alimenti multicomponenti; è l’ideale per le monoporzioni o per alimenti difficilmente dosabili; può fungere da separatore in alimenti multistrato; può fungere da strato a diretto contatto con l’alimento in caso di materiali complessi.

La base degli imballaggi edibili è costituita da tre componenti: un biopolimero ad alto peso molecolare, che determina la rigidità, la flessibilità e la fragilità del materiale finito; un plasticizzante per ridurre la fragilità e aumentare la flessibilità del materiale; un solvente.

Possono inoltre essere aggiunti antimicrobici, antiossidanti, aromi e altre sostanze impiegate per aumentare la funzionalità specifica del materiale. Il primo passo per rendere accettabili questi materiali è stato utilizzarli per produrre stoviglie edibilida impiegare negli eventi ad alto afflusso (fiere, concerti, manifestazioni sportive) e nei fast food.

Da tempo esistono in commercio cannucce e bicchieri edibili a base agar. I problemi di igiene sono stati risolti avvolgendo questi oggetti con una pellicola protettiva biodegradabile rimovibile, che protegge il contenitore da insudiciamenti durante il trasporto e l’uso ripetuto. Ora la ricerca si è spostata sugli imballaggi per snack e monoporzioni di pronto consumo.

Intanto, un’azienda indonesiana produce e vende su larga scala imballaggi edibili ottenuti da biopolimeri estratti da alghe. La confezione si scioglie in acqua tiepida, è ricca di fibre e vitamine contribuendo ad aumentare il loro apporto con la dieta, è personalizzabile in termini di aromatizzazioni, colori di base, è stampabile, è saldabile a caldo, ha due anni di shelf life, è certificata Halal, la sua produzione rispetta la normativa sulla sicurezza igienica degli alimenti e qualora non fosse ingerita può essere usata come fertilizzante.

Associazione Culturale Studi Grafici: bando Calendario 2020, Premio Massimo Dradi

L’Associazione Culturale Studi Grafici (ACSG) bandisce la prima edizione del Premio Massimo Dradi. Il concorso grafico nazionale giunge alla diciannovesima edizione e ha come obiettivo la promozione della cultura grafica negli istituti superiori a indirizzo grafico o di comunicazione.

Il concorso è intitolato alla memoria di Massimo Dradi. Progettista grafico, insegnante di progettazione grafica presso il liceo artistico Toschi di Parma e poi presso la Villa Reale di Monza, Massimo era figlio d’arte.

“Favole al telefono” è il titolo del concorso. Gianni Rodari (Omegna, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980) è stato un giornalista, un pedagogista ed uno scrittore specializzato in letteratura per l’infanzia, famoso per la sua fantasia ed originalità. Attraverso racconti, filastrocche e poesie, diventati dei veri e propri classici, ha rinnovato profondamente la letteratura per ragazzi. Nel 2020 ricorre il centenario della nascita ed è stata perciò scelta una delle opere più famose di Gianni Rodari come tema del concorso.

Il protagonista di “Favole al telefono” è il ragionier Bianchi di Varese, rappresentante farmaceutico sempre in giro per lavoro, che ogni sera alle nove in punto racconta una favola al telefono alla figlia che non riesce a dormire. Le favole del libro sono settanta.

Il calendario, nelle sue tavole, deve rappresentare in forma grafica una diversa favola per ogni mese. La scelta delle favole da rappresentare è lasciata allo studente, tenendo conto che lo scopo finale dell’elaborato deve essere quello di contribuire a delineare la poliedricità e fantasia di Gianni Rodari, mantenendo nel contempo una coerenza grafica d’insieme.

Ogni tavola deve contenere il titolo della favola che rappresenta.

I partecipanti dovranno inviare entro e non oltre il 25 ottobre 2019 un progetto grafico costituito da 14 tavole — copertina, 12 mesi e colophon — che rispettino le indicazioni di stile e le regole previste dal bando.

Caratteristiche di iscrizione: il concorso è riservato ai giovani regolarmente iscritti a una scuola secondaria di secondo grado a indirizzo grafico o di comunicazione; ogni elaborato deve essere realizzato da massimo due partecipanti; ogni partecipante può presentare un solo progetto.

Per ulteriori informazioni: www.acsg.it.

Marketing Conversazionale, l’importanza del dialogo

Un tema di grande interesse e attualità: il Marketing Conversazionale è uno dei fenomeni evolutivi che più si fortificheranno nel corso dell’anno. Sfruttando l’intelligenza artificiale è ora possibile alle aziende raggiungere direttamente il target di riferimento, stabilendo relazioni più umane con i potenziali clienti.

Data l’importanza del tema l’interesse suscitato, torniamo a parlare di Marketing Conversazionale (Conversational Marketing). Vorrei subito mettere in evidenza il fatto che quando si parla di Marketing Conversazionale, non si parla tanto di un trend, di una moda o di una tendenza temporanea, quanto di un cambiamento paradigmatico nel modo di concepire il marketing digitale: non si cambiano infatti gli strumenti, ma il modo in cui questi strumenti vengono utilizzati nell’interagirecon il target.

Si intende per marketing conversazionale l’utilizzo di tutte le tecnologie (Sistemi di Chat, Facebook & Instagram Stories, Streaming Video, Audio e Integrazioni con CRM Aziendali) in grado di creare una esperienza di acquisto in forma dialogica con l’utente.

Esso ha uno scopo ben preciso: accorciare e rendere più snello il ciclo di vendita di una impresa tramite una esperienza d’uso più umana, basata su una conversazionecon il singolo utente in grado di incrementarne il livello di fiduciae di comprensione delle esigenze del target. Tramite il Marketing Conversazionale siamo, infatti, in grado di generare delle conversazioni uno-a-uno parlando con il singolo utente e rivolgendoci spesso in prima persona con lui: il tutto connotato da forme di conversazione “calde” (nel senso di dotate di empatia) e caratterizzate da un’alta forma di personificazione.

Il dialogo uno-a-uno con migliaia di clienti

Il Marketing Conversazionale riconcepisce gli strumenti spesso già in essere e adottati dalle imprese (come ad esempio le pagine social o le chat presenti sul sito web) aggiungendo a essi strumenti di innovazione tecnologica basati sull’intelligenza artificiale. Agisce per questo motivo in vari livelli del nostro sito web, e dei canali social aziendali riuscendo spesso a interconnetterli tra loro.

Facciamo alcuni esempi partendo dai numerosi sistemi di chat online sempre più presenti sui siti web: il Marketing Conversazionale agisce sulle online chat presenti sul sito aziendale potenziandole e rendendole in grado di rispondere in tempo reale a migliaia di conversazioni 24 ore su 24. Tutto questo è possibile grazie all’intelligenza artificiale e al natural language processing, ovvero quelle tecnologie in grado di leggere e processare automaticamente il linguaggio naturale. Per questo motivo questi strumenti dotati di intelligenza artificiale sono in grado di rispondere alle domande più frequenti – le classiche F.A.Q. Frequently Asked Questions– in modo automatico e 24 ore su 24. Queste nuove forme di online chat sono in grado di presentarsi all’utente parlando direttamente con lui, in modo naturale e connotato da forme di dialogo evolute. Sono infatti in grado di ascoltare e comprendere le domande e i bisogni dell’utente e di rispondergli automaticamente con dei contenuti coerenti.

Il dato interessante è che – tramite questi sistemi di intelligenza artificiale – la percezione da parte dell’utente è quella di stare dialogando via chat con un essere umano in un’esperienza dialogante: spesso non ci rendiamo conto di essere assistiti da un robot. Questi sistemi di chatbotnon sono tuttavia del tutto automatici, ma hanno bisogno di un operatore umano: nel momento in cui l’intelligenza artificiale non può entrare nel dettaglio, subentra l’operatore umano. Ma ciò che è interessante è dato dal fatto che il passaggio tra sistema di intelligenza artificiale in chat e operatore umano è del tutto trasparente all’utente.

Per questo motivo queste nuove tipologie di chat che vanno sotto il nome di chatbot, consentono di avere una forma di relazione diretta (uno ad uno), dialogica, e umana con l’utente nel senso che c’è sempre un essere umano a gestire la comunicazione.

La semi-automazione data dall’intelligenza artificiale ci consente di rispondere in tempo reale e contemporaneamente a migliaia di conversazioni in modo automatico e di fare intervenire l’operatore umano solo nel momento in cui è necessario un alto grado di personalizzazione sulle domande dirette e specifiche dell’utente.

Marketing conversazionale: un cambiamento paradigmatico nel modo di concepire il marketing digitale.

 

Personalizzare e definire funnel di risposta

Nell’adottare sistemi di chat, dobbiamo porre un alto grado di attenzione nel preparare il sistema di chat a gestire in modo semi-autonomo le conversazioni. Questo significa avere chiaramente in mente quali sono le domandeche il cliente farà per rispondere ai propri bisogni (preparazione degli argomenti della chat) e come organizzare la risposta automatica a questi quesiti. In questo senso dobbiamo preparare un percorso (funnel) per ottenere un flusso di risposta in grado di connotare la nostra chat di identità e valori coerenti rispetto al nostro target. Questo è un aspetto decisamente importante in quanto dobbiamo – tramite il Marketing Conversazionale – personalizzare la chat dandole in alcuni casi un volto e una identità coerenti con i valori del target.

Diverse imprese B2B adottano, infatti, forme molto avanzate di identità nelle loro chat connesse a figure professionali esistenti e spesso key account manager. Nel senso che la chat non ha un nome generico, ma è dotata di un vero e proprio avatar (ad esempio Maria o Mario Rossi) che è riconducibile a una identità all’interno del gruppo: Mario o Maria Rossi che saranno i Key Account che seguiranno il cliente.

Oltre alla umanizzazione, il carattere di cross channel

Altra caratteristica importante del Marketing Conversazionale è il carattere tipicamente cross channel e cross platform. I sistemi di chatbot possono tranquillamente essere integrati – oltre che nel sito web – in diversi dispositivi, ed essere quindi transmediali, nel senso che seguono il cliente su diversi canali e media aziendali.

Uno dei casi più efficaci è rappresentato da Facebook Messenger: Messenger è il terzo social network per diffusione al mondo secondo il più recente report sui media digitali nell’anno 2018 da parte di Hootsuite/We Are Social. È il primo servizio di social chat a consentire di programmare dei flussi di comunicazione in modo tale da automatizzare le conversazioni con il target tramite intelligenza artificiale (chatbot). Messenger rende quindi possibili le azioni che abbiamo precedentemente visto sul nostro sito web aziendale, anche sulle pagine di Facebook, consentendo forme di comunicazione diretta e assistita anche sui canali social aziendali.

Perché il Marketing Conversazionale è importante

Gli utenti sia B2B sia B2C sentono il Marketing Conversazionale come una esigenza poiché uno dei compiti che essi ascrivono ai brand/impresa è quello di risolvere i loro problemi, e/o di accrescere le loro opportunità: il tutto in un clima basato sulla fiducia e sulla relazione personale. La vendita si sposta quindi da un piano di persuasione a un piano di capacità di ascoltare i bisogni e di proporre una soluzione valida ed efficace. Valori come empatia e fiducia diventano quindi fondamentali nella strategia di vendita. Non serve più di tanto affermare che il prodotto X è leader nella sua categoria, quanto accompagnare il cliente all’ascolto e all’analisi del suo problema fino alla soluzione di esso. Questo cambiamento non è ascrivibile a questo ultimo decennio, ma al contrario trova i germi della sua nascita nella fase conclusiva del XX secolo e precisamente nell’anno 1999. Era, infatti, parte fondante e prima tesi del Cluetrain Manifesto. Il Cluetrain Manifesto viene spesso identificato come il manifesto fondativo del Marketing Digitale. Nato nell’anno 1999, ha definito tramite 95 tesi i capisaldi dell’evoluzione di internet come strumento di marketing in questi ultimi 20 anni.

Proprio la prima tesi del Cluetrain Manifesto – Tesi n°1, i mercati sono conversazioni– ha determinato nella sua progressiva adozione un cambiamento paradigmatico dei linguaggi e la nascita del Marketing Convesazionale: perde, infatti, sempre più peso la comunicazione basata su slogan, e viene sempre più sentita da parte delle persone l’esigenza di una relazione emozionale con i brand e con le figure operanti al proprio interno. I motivi per cui il Marketing Conversazionale si sta sviluppando esponenzialmente sono dati dal superamento di diversi vincoli tecnologici, primo tra tutti la impossibilità di gestire tramite operatore umano in tempo reale alti flussi di conversazione, cosa che è ora possibile grazie al ruolo dell’intelligenza artificiale.

L’adozione di forme di comunicazione relazionali con un alta componente di dialogo (one-to-one) stanno sviluppando negli utenti di internet dinamiche refrattarie verso le forme di comunicazione precedenti connotate da un alto grado di anonimità, spersonalizzazione e freddezza poiché basate su dati demografici.

Parlare ai propri clienti e non alle demografiche

Questa frase è affascinante, ma non deve indurci in un errore: la frase parla ai tuoi clienti e non alle demografiche, non significa delegittimare i valori dei dati ritenendo che i dati e le demografiche non contino nulla. Al contrario il basare la propria strategia sull’essere Data Driven è un asset fondamentale per comprendere e spesso anticipare i bisogni del nostro target. Le demografiche e più in generale i dati sui consumer behaviour devono infatti essere il punto di partenza di una strategia di comunicazione e Marketing Conversazionale e non il punto di arrivo. I brand – adottando il Marketing Conversazionale – si possono per questi motivi riformare e diventare conversantipoiché le persone sentono il bisogno parlare e comunicare con loro.

Disponibile il Toolbox per la stampa flessografica

L’e-book tecnico rivolto ai professionisti della stampa flessografica è disponibile su Apple iBook Store. Si tratta di Flexo Best Practice Toolbox, lo strumento didattico pensato per gli operatori della stampa flessografica, che permette loro di reperire tutte le informazioni necessarie sui processi di stampa utilizzando video, immagini e animazioni, al fine di ottenere risultati di alta qualità e rispettosi dell’ambiente. Il formato e-book delle Linee guida è stato appositamente scelto per permetterne un costante aggiornamento, anche in linea con l’evolversi delle pratiche e delle tecnologie.

Il Toolbox è stato realizzato dalle federazioni associate a FTA Europe in collaborazione con le società Asahi Photoproducts, AV Flexologic-Tech Sleeves, ColorConsulting, Esko, I&C-Gama, Kodak, Lohmann, Praxair, RKPrint, Rossini e Uteco.

«Una forza lavoro qualificata è parte cruciale di un’azienda di stampa flessografica e Toolbox darà un buon contributo all’apprendimento permanente dei nostri dipendenti» ha dichiarato Sante Conselvan, presidente di FTA Europe.

L’intelligenza non basta

Figura 3. L’immagine “rifinita” utilizzando i nuovi parametri della zona 2, massimizzando l’Adattamento colore, sfruttando l’Adattamento rotazione che da manuale qui non dovrebbe avere chissà quale utilità (migliora l’inserimento di texture con strutture rotatorie) e l’opzione Scala (utile per migliorare l’integrazione di texture con variazioni prospettiche).

L’intelligenza artificiale si è ritagliata anche in Photoshop uno spazio tutt’altro che trascurabile. Vediamo Adobe Sensei, un complesso framework di analisi e dati in cui sofisticati algoritmi di apprendimento offrono opportunità di image editing un tempo impensabili.

Sono passati circa 8 anni da quando Adobe inserì con il riempimento Sensibile al contenuto (Content Aware Fill) i primi elementi di intelligenza artificiale specifica per l’image editing, anni che diventano poco più di una decina se consideriamo il periodo di beta testing in cui le versioni di Photoshop con questa funzione circolavano all’interno di gruppi chiusi autorizzati. Non ho un’idea precisa di quando questa funzione possa aver iniziato a girare per i corridoi di Adobe, prima come possibile feature e poi nelle versioni alfa, ma già in questo intervallo di anni a me noto l’intelligenza artificiale si è ritagliata anche in Photoshop uno spazio tutt’altro che trascurabile.

Sì, sensei!

La disciplina dell’Intelligenza Artificiale di per sé ha più di sessant’anni, ma quella che interessa a noi in questo breve articolo si trova sotto il grande cappello di Adobe Sensei, un complesso framework di analisi e dati in cui sofisticati algoritmi di apprendimento per il machine learning, unitamente alle odierne capacità di calcolo e la velocità di accesso alle informazioni globali, offrono anche opportunità di image editing un tempo impensabili.

Non mi dilungherò a presentare i vari aspetti di questa tecnologia, i campi di applicazione sono variegati e Adobe ha appositamente creato un mini-sito per darne un quadro sintetico, per quel che riguarda l’oggetto di questo breve articolo ci concentreremo solo su quanto Photoshop ne abbia tratto giovamento.

Le funzioni “intelligenti” di Photoshop

I primi strumenti con intenti adattivi furono il pennello correttivo e la toppa, introdotti nel lontano 2001 con Photoshop 7, e riscossero fin da subito un notevole successo andando a semplificare tutta una serie di operazioni di clonazione fino a quel momento unico appannaggio del timbro clone.

Per arrivare al primo vero salto in avanti in termini di applicazioni contestuali all’immagine si deve però attendere le versioni CS4/CS5, con l’introduzione dell’algoritmo “sensibile al contenuto” (content aware), che coinvolse Scala in base al contenuto, il Pennello Correttivo, la Toppa, lo strumento Sposta in base al contenuto e il Pennello Correttivo al volo.

Figura 1. Un esempio di applicazione di intelligenza artificiale con il comando Scala in base al contenuto, di certo non nuovo né particolarmente complesso a livello di algoritmi (se paragonato allo stato attuale del panorama AI).

Da quel momento le ottimizzazioni sono state frequenti, grazie anche ai continui riscontri da parte degli utenti e al costante aumento dei dati da poter analizzare, estendendosi infine anche agli algoritmi di interpolazione usati nei processi di ridimensionamento delle immagini (ad esempio Mantieni Dettagli 2.0).

Il riempimento sensibile al contenuto secondo CC2019

L’ultimo significativo passo in avanti è storia abbastanza recente e coinvolge direttamente il Riempimento sensibile al contenuto, aggiornato con una mini area di lavoro dedicata per meglio controllare il risultato proposto dalla macchina.

Partendo dal presupposto che la quasi totalità degli utilizzatori di Photoshop sappiano quantomeno dell’esistenza del Riempimento sensibile al contenuto mi limiterò ad evidenziare quali problematiche cerca di risolvere questo aggiornamento rispetto al risultato ottenibile con la versione tradizionale.

Figura 2. La nuova area di lavoro supplementare del Riempimento sensibile al contenuto, in cui sono visibili gli strumenti di intervento manuale, l’anteprima del file prima e dopo con le evidenze delle regioni interessate, e le impostazioni di riempimento per l’ottimizzazione delle situazioni più complesse.

Per attivare la modalità per così dire “avanzata” bisogna richiamarla con il comando Modifica>Riempimento in base al contenuto… anziché dal menu Modifica>Riempi (quest’ultima modalità agisce esclusivamente nel modo consueto).

All’apertura della sotto-area di lavoro troviamo a sinistra i due strumenti chiave (zona 1 dell’immagine 2): il Pennello Campionamento che serve per indicare le aree da cui dovranno essere calcolati i dati utili per il riempimento (ma soprattutto per escludere le aree non utili in tal senso), e il Lazo, con funzionamento analogo a quello tradizionale che in questa sede serve a rifinire ulteriormente i contorni sulla base del risultato in anteprima.

Nelle due aree di anteprima troviamo a sinistra l’immagine originale, con l’area selezionata prima dell’attivazione del comando, e la sovrimpressione in verde semitrasparente per indicare le aree che Photoshop userà per riempire le zone selezionate.

L’immagine a destra, qui ingrandita per esigenze didattiche, fornisce l’anteprima del risultato, e ovviamente può essere gestita indipendentemente dalla precedente sia in termini di posizione sia di zoom.

Proprio nell’immagine 2 abbiamo il risultato standard, molto simile a quello che potremmo ottenere richiamando il comando nel solito modo tradizionale, l’unica variazione riguarda una evidenziazione (in verde) delle aree che vengono usate per il riempimento, cosa non possibile altrimenti.

Le impostazioni nell’area 2 usano l’Adattamento colore Predefinito e mantengono disattivato l’adattamento rotazione, così come le due opzioni Scala e Speculare.

Il risultato è stato appositamente ingrandito per sottolineare una delle difficoltà maggiori di questo comando: la riproduzione di texture con molto microdettaglio e prive di struttura; dove l’algoritmo non trova una soluzione soddisfacente crea un’area sfumata, in questo caso non molto adatta.

Figura 3.
L’immagine “rifinita” utilizzando i nuovi parametri della zona 2, massimizzando l’Adattamento colore, sfruttando l’Adattamento rotazione che da manuale qui non dovrebbe avere chissà quale utilità (migliora l’inserimento di texture con strutture rotatorie) e l’opzione Scala (utile per migliorare l’integrazione di texture con variazioni prospettiche).

Nella Figura 3 il risultato è sensibilmente migliore, grazie all’attivazione dei parametri nuovi, agevolmente incrociati tra loro sulla base dell’anteprima in tempo reale.

Quando abbiamo trovato la combinazione ottimale tra selezione, area utile per il calcolo e impostazioni di riempimento andremo a scegliere in che modo preferiamo ottenere l’output, ad esempio su un nuovo livello, separato dall’immagine di partenza (anche questo non era possibile nelle versioni precedenti) e, naturalmente, confermare con OK.

Dove stiamo andando?

Con il pretesto di trattare una comoda funzione di Photoshop appena potenziata, e di ripassare alcune funzioni/strumenti magari non utilizzate da tutti, volevo stuzzicare l’attenzione sull’intelligenza artificiale visto che caratterizzerà sempre di più una consistente varietà di settori.

Vi lascio di seguito un riferimento da ricercare sul solito Google, non vi anticipo niente, ma sono sicuro di quale sarà l’effetto: Style-Based Generator Architecture for Generative Adversarial Networks (sì, tutto insieme, fidatevi).

PressUP, la stampa digitale protagonista della Milano Design Week

La Capitale della moda è pronta a trasformarsi nel tempio dell’arredamento. Manca pochissimo alla Milano Design Week 2019 (9 – 12 aprile) con tutto l’indotto che questo evento unico a livello internazionale porta con sé. La scorsa edizione ha battuto ogni record, con 1.367 eventi organizzati al Fuorisalone e il coinvolgimento stimato di circa 2 milioni di utenti, 23mila aziende e 150mila addetti.

«Per chi ha avuto l’occasione di visitare la Design Week sarà stato impossibile non notare il ruolo versatile che la stampa digitale ha avuto nella vestizione di tutta la città: banner, striscioni, affissioni, bandiere, leaflet e give away brandizzati, e ancora stand preallestiti, roll up e arredi di cartone stampato. L’elenco potrebbe essere infinito, ma tutto ha un solo comun denominatore: la massima personalizzazione», commenta Vincenzo Cirimele, CEO di PressUP. La tech company, protagonista italiano nei servizi di stampa online, da settimane sta sfidando la capacità produttiva per far fronte agli ordini che arrivano dagli operatori della Design Week. «Non solo grafici e agenzie, ma anche tanti utenti finali, professionisti con Partita IVA che ordinano sul nostro e-shop tools di comunicazione anche in pochi pezzi, contando sul fatto che ne potranno ordinare altri con consegna in 24H anche durante la manifestazione», spiega Cirimele. I volumi crescono a fronte di un aumento del numero di ordini, anche se per quantitativi più oculati. E servizi come quello offerto da PressUP rispondono proprio a questa necessità di ottimizzazione degli investimenti e massima customizzazione. «Ordini ciò che ti serve, sapendo che potrai avere in pochissimo tempo altre copie, tanto più che i costi di spedizione sono gratuiti».

Sicuramente gli eventi del Fuorisalone esprimono non solo le tendenze del design, ma sono anche una cartina tornasole dei trend della comunicazione: quali stampati, quali formati, quali materiali.  «Ovviamente una gran parte degli ordini che stiamo ricevendo per la Design Week riguardano prodotti evergreencome volantini e brochure», conferma Cirimele. «Ma tra i nuovi trend, registriamo alcuni items che si stanno facendo notare». Il primo è la carta da parati che, secondo gli esperti di design, sta vivendo una seconda gioventù. Il wallcovering è sicuramente tra le nuove tendenze dell’interior decoration, anche grazie a materiali sempre più tecnici che rispondono alle esigenze applicative dei singoli spazi abitativi, ma anche grazie alla stampa digitale che permette la massima personalizzazione «Su PressUP, oltre a scegliere tra una rosa di pattern da noi proposti, è possibile stampare il wallcovering con una propria immagine, spesso usando gigantografie per ottenere pareti ad effetto trompe-l’oeil con scenari di fantasia, opere d’arte ma anche luoghi da sogno che diventano veri e propri complementi d’arredo capaci di conferire personalità all’ambiente».

Sempre secondo PressUP, la Design Week 2019 sarà un trionfo di shopper, dalle give away più economiche ma sempre personalizzate, ai sacchetti nobilitati che attribuiscono valore al brand. «Stiamo stampando shopper con finiture argento e oro o impreziosite con serigrafie spessorate che conferiscono alle grafiche effetti 3D»,aggiunge Cirimele. Tra le tendenze sempre più diffuse, l’uso variegato del tessuto (sia in versione naturale sia canvas – tessuto non tessuto) utilizzato per impieghi che spaziano dai rivestimenti degli arredi all’allestimento vero e proprio, grazie agli innumerevoli vantaggi di questo materiale. «È sicuramente uno degli attuali must del large format printing, con plus che vanno dalla facilità di trasporto all’anima green che noi in PressUP potenziamo con l’utilizzo della tecnologia HP Latex e dei relativi inchiostri ecologiciche rendono lo stampato inodore e quindi ideale anche per l’uso in ambienti interni».

 

 

Da Mimaki il nuovo software Simple POP

Simple POP è il nuovo software di design messo a punto da Mimaki Europe per il mercato retail. Disponibile in Italia dal prossimo aprile, Simple POP è stato progettato per dare nuovo impulso alla creatività nella comunicazione in-store, e permettere agli utilizzatori dei sistemi Mimaki di realizzare internamente una vasta gamma di materiali POP con il semplice utilizzo dei modelli predefiniti.

Nel mondo del retail, infatti, vengono impiegati un’ampia varietà di materiali pubblicitari, come ad esempio insegne per vetrine, poster, adesivi. Comunicazioni che spesso sono strettamente correlate a eventi stagionali, offerte limitate nel tempo e promozioni del giorno. Ciò comporta che per sostenere strategie commerciali dinamiche sia necessaria massima flessibilità nella produzione dei supporti di comunicazione. Il software proprietario Simple POP soddisfa tali esigenze, permettendo di ricorrere a processi intuitivi basati sull’utilizzo di modelli predefiniti. Fra i tanti template disponibili ci sono soluzioni POP accattivanti, pensate per trasmettere in modo impattante le informazioni chiave (espositori, cartellini prezzo, poster, banner), decorazioni in-store per ogni stagione ed evento (adesivi da parete, insegne per vetrine, fogli magnetici, carta da parati, ecc.), ma anche tools di piccole dimensioni come etichette e adesivi.

L’utilizzo di Simple POP è semplice e intuitivo, anche per chi non è un esperto di software di progettazione. Si procede scegliendo uno dei tanti modelli predefiniti e pensati appositamente per applicazioni specifiche offerti da Simple POP, che possono essere personalizzati modificando il testo e adattando immagini e simboli grafici. Inoltre, la suite può essere costantemente aggiornata e ampliata scaricando gratuitamente dal sito web di Mimaki nuovi template.

Per garantire vantaggi in termini di flessibilità e qualità, i modelli resi disponibili da Simple POP prevedono informazioni di taglio preinstallate che garantiscono un flusso efficiente utilizzando il software in combinazione con i sistemi Print & Cut Mimaki UCJV150 e UCJV300 con tecnologia di polimerizzazione UV LED che amplia anche il ventaglio di materiali stampabili. La funzione di taglio integrata automatizza il processo, evitando la necessità di lavorazioni manuali. Una delle numerose caratteristiche a valore aggiunto della serie UCJV300 è l’inchiostro bianco con elevata capacità coprente. Utilizzato come base per le stampe a colori su supporti trasparenti, metallici e a colori migliora la resa cromatica degli inchiostri, permette di riprodurre tinte naturali e brillanti, consentendo la realizzazione di articoli decorativi di impatto.

«Con l’utilizzo del nuovissimo Simple POP sarà ancora più semplice produrre internamente materiali pubblicitari e supporti per l’in-store promotion, ovviando quindi alla necessità di esternalizzare queste lavorazioni – ha spiegato la responsabile marketing senior EMEA, Danna Drion. – I vantaggi dell’abbinamento del software con i sistemi stampa & taglio della serie UCJV300 sono traducibili in efficienza ed economicità del processo produttivo, velocità di esecuzione, versatilità e massima flessibilità. Una nuova frontiera per gli operatori del mondo retail che hanno a disposizione un innovativo strumento che risponde alla necessità di una comunicazione in-store sempre più just in time».

 

Nobilitazioni mirate

Figura 4. La comparativa di un dettaglio dell’immagine da nobilitare con i vari step di trattamento.

La nobilitazione dello stampato è sempre stata una delle discriminanti che poteva fare la differenza tra un prodotto più dozzinale e uno pregiato, ma in questi ultimi anni il settore ne ha visto un incremento davvero marcato.

Un prodotto soggetto a nobilitazione necessita di un file preparato in maniera rigorosa.

Magari fino a una decina d’anni fa se ne faceva richiesta meno frequentemente, un po’ per la poca consapevolezza al di fuori degli addetti ai lavori, un po’ per i costi non indifferenti, e un po’ anche perché non c’era poi questa diffusa esigenza di rendere particolari gli stampati. Il proliferare dei service di stampa online ha invece portato al grande pubblico tutta una serie di trattamenti di pregio a costi piuttosto contenuti, e le linee guida per la creazione dei file corretti ne hanno semplificato anche la preparazione tecnica.

Le premesse tecniche

Un prodotto soggetto a nobilitazione dipende necessariamente da un file preparato in maniera rigorosa, che contenga al suo interno non soltanto le separazioni colore in CMYK opportune (o l’RGB opportuno in caso di late binding), ma soprattutto le specifiche per le aree soggette a nobilitazione.

Il tipo di nobilitazione è sostanzialmente indifferente, che si debba definire un’area da verniciare UV in rilievo, o un nastro a caldo, oppure una da serigrafare con una qualsiasi sostanza le vie da seguire sono sempre le stessa.

L’unica limitazione, se così si può definire, è l’obbligo di determinare campiture piene al 100% di copertura con dettagli di dimensione compatibile alla risolvenza del materiale nobilitante, in quanto non è possibile dissolvere in trasparenza una qualunque nobilitazione a meno di non ricorrere forzatamente ad una retinatura controllata della stessa.

In questo articolo vedremo in quali modi Photoshop permette di preparare i file corretti, non tratteremo invece il workflow vettoriale con Indesign e Illustrator dal momento che è molto più semplice, non aiuta un granché nelle campiture diverse da 100% ed è presente in tutte le linee guida dei service di stampa online.

Primo modo: file Bitmap

Probabilmente il più datato tra tutti, è comunque ancora funzionale: consiste nel preparare un secondo file, da abbinare a quello principale (supponiamo in CMYK, pronto per la stampa) avente le stesse dimensioni del primo. Opportunamente messi a registro (ad esempio con gli appositi crocini) il file bitmap dovrà indicare con delle aree perfettamente nere tutte le zone che dovranno essere nobilitate sul primo file stampato.

Una buona norma è assegnare al file bitmap una risoluzione pari a quella che il RIP di stampa userebbe per la rasterizzazione degli elementi vettoriali, quindi probabilmente 1200 ppi (ma il valore è variabile in funzione delle impostazioni del RIP), così da massimizzare la definizione dei contorni in caso di elementi sottili.

Figura 1. Il file bitmap con un dettaglio del suo contorno, in questo caso il risultato è sostanzialmente sovrapponibile a quello ottenuto con il medesimo contorno realizzato in vettoriale, a patto di utilizzare il medesimo valore utilizzato dal RIP per rasterizzare i vettori.

Secondo modo: canale tinta piatta

Questo tipo di canale, presente da tempo in Photoshop, consente di specificare un inchiostro (o più) aggiuntivo che sarà per definizione in sovrastampa.

Le differenze con il modo precedente sono:

1. Detto canale avrà la medesima profondità colore del documento nativo, nella quasi totalità dei casi saranno 8 bit, e potenzialmente potrebbe quindi avere 256 valori di copertura differenti.

2. il file principale contiene al suo interno tutti i canali tinta piatta senza dover fare file separati.

Nel caso delle tinte piatte, trattandosi di inchiostri, questo è utile per le sfumature, anzi, direi obbligatorio, ma nel caso delle nobilitazioni bisogna che le coperture siano piene (o trattate come nelle righe che seguono), come anticipato in apertura di articolo.

I casi in cui si può avere una nobilitazione sfumata sono limitati e per questi è opportuno confrontarsi con lo stampatore per evitare intoppi.

Figura 2.
Il menu di creazione del canale Tinta piatta, situato nel menu del pannello Livelli, è l’unico modo corretto per assegnare un quinto colore in un file di Photoshop (in questo caso utile per le nobilitazioni). Eventuali livelli di riempimento con assegnata una tinta piatta dalle librerie Pantone vengono istantaneamente separati nei canali colore del metodo in cui si lavora.

Nobilitazioni “parziali”

Fino a qui niente di nuovo o di particolarmente interessante, delimitare in vettori le stesse aree piene delle righe precedenti è generalmente più comodo e garantisce una definizione migliore dei contorni.

Ma come comportarsi per nobilitare delle aree in maniera “parziale”?

In altre parole: si può creare una nobilitazione in dissolvenza, cioè che vada da un’area completamente piena ad una sostanzialmente trasparente? La risposta è positiva, a patto di accettare alcuni compromessi, ma si tratta di compromessi che conosciamo bene dal momento che andremo a retinare le aree sfumate con la stessa logica del retino tipografico.

Il metodo bitmap e il filtro Colore mezzetinte

Supponiamo di voler verniciare in UV il foulard della foto, solo in corrispondenza delle zone più scure tralasciando progressivamente quelle più chiare.

Una rapida analisi dei canali ci presenta diverse versioni in scala di grigio con differenti contrasti, ottime basi di partenza per creare la nostra versione ideale in toni di grigio, qualora non fosse addirittura già pronta così com’è (niente vi impedisce di elaborare una versione in “bianco e nero” nel modo che più vi piace).

Questa versione in scala di grigio però non è adatta per la nobilitazione per i motivi accennati nelle righe sopra, mandare in produzione un’indicazione del genere porterà quasi certamente ad un’approssimazione delle mezze tinte con il metodo soglia, quindi un 50/50.

Per generare una mezzatinta controllata abbiamo due modi, in linea con quelli presentati finora.

1. Prendiamo l’immagine in scala di grigio con i contrasti desiderati e convertiamola in Bitmap (immagine>Metodo>Bitmap), selezionando poi la voce “Retino Mezzetinte…” dal menu a tendina e impostano i parametri desiderabili dalla successiva finestra di dialogo.

Figura 3.
La conversione in metodo bitmap elimina qualunque colore diverso da bianco e nero, utilizzando diverse approssimazioni percettive: dithering, retini ecc…
Permette un buon controllo su dimensioni e forme dei retini con cui approssimare le mezze tinte, e questo consente di allinearsi alle limitazioni tecniche dei sistemi di nobilitazione.

2. Prendiamo l’immagine a colori (funziona anche sulla scala di grigio) e andiamo a selezionare il menu filtro>pixel>colore mezzetinte; analogamente al modo precedente definiamo le dimensioni del retino e le eventuali inclinazioni, fermo restando che dovremo poi scegliere dal risultato a colori uno dei canali di colore per isolare la trama di retino ottimale.

Figura 4.
La comparativa di un dettaglio dell’immagine da nobilitare con i vari step di trattamento.

La comparativa di un dettaglio dell’immagine da nobilitare con i vari step di trattamento.

Nella Figura 4 vediamo la comparativa di un dettaglio dell’immagine da nobilitare con i vari step di trattamento:

1. L’originale;

2. La versione in scala di grigi dove in corrispondenza del nero si vuole applicare la verniciatura UV, ma che essendo caratterizzata da una scala di grigi pone diverse criticità;

3. Il canale tinta piatta generato dal solo contorno del foulard, in questo caso la verniciatura sarà piena e distribuita su tutta la forma principale, senza distinzioni;

4. La conversione delle sfumature con il metodo Soglia: non potendo avere mezzetinte ci sarà un valore di soglia prima del quale la nobilitazione viene applicata e dopo il quale invece no;

5. L’immagine RGB con il filtro Colore mezzetinte applicato, da qui si andranno ad analizzare i canali di colore per recuperare la versione bianco e nero più indicata che simulerà una verniciatura retinata in corrispondenza delle zone scure;

6. La versione bitmap con una retinatura a punto diamante, i punti di retino più piccoli probabilmente non potranno essere “verniciati”, ma nel complesso avremo una sensazione visiva e tattile selettiva, diversa dalla consueta campitura piena.

Packaging Conference 2019, il mondo dell’imballaggio ha fatto il punto a Bruxelles

Pierluigi Gava, ceo di Cartotecnica Postumia. Foto di Jason Bickley per Intergraf. For more information: https://www.intergraf.eu/events/shaping-the-future-of-print

Intergraf, in collaborazione con FTA Europe Smithers Pira, ha riunito oltre 100 professionisti qualificati del mondo dell’imballaggio a Bruxelles, in occasione della Packaging Conference 2019. L’evento, che si è svolto lo scorso 21 febbraio, ha esplorato le tendenze del comparto da ogni punto di vista: il mercato, il design, la sostenibilità e le prospettive aziendali. Un comparto definito il «settore più dinamico della stampa» dalla prima relatrice della giornata, Ana Krolak (Smithers Pira),che ha presentato l’analisi di mercato riportata nell’European Printed Packaging Trends: Market Report. Il tema della sostenibilità è stato introdotto invece da Kęstutis Sadauskas (direttore di Green Economy presso la DG Ambiente, Commissione europea) che ha sottolineato l’attenzione della Commissione Ue per la prevenzione dei rifiuti e l’eco-progettazione dei prodotti. In particolare, per promuovere quest’ultima, ha annunciato entro la fine del 2019 lo sviluppo di linee guida per la nuova EPR (extended producer responsibility), che entro il 2024 sarà obbligatoria per tutti gli imballaggi, e la stesura di una proposta legislativa per rivedere i requisiti di progettazione nella direttiva sui rifiuti di imballaggio. La sostenibilità è stata affrontata anche da altri punti di vista, quali la necessità di educare il consumatore al corretto utilizzo e riciclo del packaging, nonché l’importanza di sviluppare imballaggi che siano compostabili e di qualità.

For more information: https://www.intergraf.eu/events/shaping-the-future-of-print © Jason Bickley per Intergraf

Diversi interventi hanno rimarcato il valore dell’aspetto qualitativo e di design del packaging; conoscere e comprendere i trend di mercato e gli stimoli agli acquisti è importante per consentire a produttori e rivenditori di creare imballaggi che siano rispondenti a specifici bisogni, interessi e valori, e che al contempo offrano al consumatore un’esperienza capace di coinvolgerne tutti i sensi.

Infine, è stato dato spazio anche alle esperienze aziendali. Pierluigi Gava, ceo di Cartotecnica Postumia e vincitore del FTA Europe Diamond Award 2018, ha raccontato il successo della propria azienda, evidenziando l’importanza del fattore culturale quale elemento determinante per trasformare e fare crescere un’impresa.

Atif presenta il FlexoDay Sud 2019

Appuntamento il 3 aprile 2019 presso il Lloyd’s Baia Hotel di Vietri Sul Mare, in provincia di Salerno, per il FlexoDay Sud 2019.

L’evento sarà l’occasione per delineare le tendenze della stampa flessografica e per dare spazio alle esperienze che si vivono nel comparto, con un’attenzione particolare ai temi della sostenibilità, dell’importanza della ricerca di metodi che garantiscano sempre la migliore qualità e delle innovazioni del mondo flexo – dall’impatto delle tecnologie di retinatura all’uso di inchiostri sostenibili per realizzare imballaggi compostabili fino all’introduzione dei materiali compositi nella stampa flessografica. Un viaggio nell’evoluzione del settore nel quale troveranno posto non solo testimonianze di operatori che da tempo lavorano nel mondo flexo, ma anche dei giovani che vi si avvicinano, come quella di uno studente del Matespack, il Master in Materiali e tecnologie sostenibili per packaging polimerici e cellulosici.

Durante l’evento saranno presentati anche i vincitori di Bestinflexo 2018.